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Valsecca – famiglie e contrade
Secoli XV a XVIII
ASB = Archivio di Stato di Bergamo / BCM = Biblioteca civica A. Mai di Bergamo
Ringrazio Zaccheo Moscheni e Marzio Mazzoleni per il loro indispensabile aiuto.
R.L. Invernizzi
Il nostro approccio alla ricerca sulle famiglie e contrade di Valsecca, inizia con l’analisi dei possedimenti del monastero d’Astino in valle Imagna. I monaci benedettini vallombrosani arrivano a Bergamo nella seconda metà del XI secolo e rapidamente il loro monastero del San Sepolcro conosce un fiorente sviluppo economico, sostenuto da ricchi donatori privati interessati ad “investire” nell’aldilà! Cioè facevano donazione dei loro beni, conservando l’usufrutto durante la loro esistenza, con la speranza di una vita eterna dopo il passaggio nell’oltretomba. In due secoli i monaci vallombrosani d’Astino si ritrovano con un patrimonio di circa 44.000 pertiche, ossia più di 2.900 ettari.
Per quanto riguarda la valle Imagna, le terre passate nel dominio dei monaci non sono da trascurare, sono segnati beni in Bedulita, Berbenno, Valsecca e Rota. La più antica pergamena[1] che tratta dei loro possedimenti in Valle Imagna è datata del 1149. Il secondo abate del monastero d’Astino, padre Maifredo[2], compra tutte le terre di un certo Allegrone che aveva in Valdimania in Betoleta (Bedulita) per soldi 50. Lo stesso abate l’anno 1156 compra, per Lire 3, tutte le terre, case ed edifici, che Oprando, figlio di Opreto de Armisa, aveva sul monte di Rota nel luogo detto Pendetiis (Pendezzo).
Il terzo abate fu Mauro[3], fu lui che comprò l’anno 1169 le terre di Paolo figlio di Gislandi Pedelingo in Valsecca per Lire 3,8 e l’anno seguente affitta le stesse terre allo stesso Pedelingo di Valsecca, per un fitto annuale di Soldi 16. Questa pergamena del 1170[4], conservata nella biblioteca Mai, rappresenta il documento più antico che cita Valsecca è la contrada di Pendezzo.
Passano 39 anni è ritroviamo nell’anno 1209 un discendente di Pedelingo, Giovanni fu Martino, come affittuario in perpetuo delle terre del monastero in Valsecca. Appare in questo rogito un co-affittuario, un certo Giovanni Butene. Della famiglia Pedelingo non abbiamo più tracce, al contrario dei cosiddetti Buteni. Sempre nelle carte del monastero troviamo un atto notarile del 1276, dove risulta che i discendenti Buteni, fratelli Ambrogio e Guglielmo[5], perdono per insolvenza il possesso delle terre citate. Ancora oggi gli abitanti di Valsecca e di Falghera risentono dell’eredità lasciata dai Buteni: ci sono due luoghi omonimi: Prabutè contrada[6] oggi quasi scomparsa, che costeggia Rota sul lato nord di Valsecca, e Prabutè o Prabotè sul territorio di Falghera. Il prato del Butene o Prabuteno é citato in numerosi atti notarili tra Cinquecento e Seicento e, meglio ancora, nella mappa del notaio Francesco Quarenghi del 1723. L’agrimensore disegna Prabuteno in località di Falghera, al confine con Valsecca.
Sono descritti i possedimenti del monastero, di qua e di là del torrente Pettola. Due grandi appezzamenti di terre sul territorio di Rota in Pendezzo di pertiche 280, altre due su Valsecca di pertiche 491, che sono in tutto più di 51 ettari. In Valsecca i confini di queste terre sono: il torrente Pettola (acque Petulle), valle Certorti, valle Grumanzono, valle Remitta, prato Pedeligno, Methille, Brugello, Grumello de Butenis, ronco Aronomi. Nel 1277 le terre di Rota sono affittate a Rustico, figlio del fu Domenico Rubei di Rota. Questi Rubei o Rossi sono probabilmente all’origine della contrada Carosso di Rota Fuori. Infine segnaliamo nell’anno 1278 la presenza come testimonio di tal Zambellus, figlio di Otti de Persona, che sarebbe il terzo Personeni conosciuto in valle, nipote di Teutaldo Persone di Bedulita.
L’arrivo dei monaci vallombrosani e il loro insediamento nel territorio bergamasco corrisponde al passaggio dal regime feudale a quello comunale. Il territorio della Curia di Lemine comprendeva, per quello che riguarda l’alta valle Imagna, possedimenti in Brumano, Rota, Corna, Blello e Berbenno. I beni del Vescovo di Bergamo sono descritti nel Rotolus Episcopatus Bergomi[7] datato 1258. Il lungo documento è un riassunto dei contratti di locazione delle varie terre; sono descritti gli appezzamenti e la loro individuazione è spesso fatta con dei toponimi difficilmente localizzabili: nessun nome di luogo ricorda il territorio di Valsecca. Una menzione dei diritti vescovili su Valsecca si trova nell’Estimo dell’anno 1476. Il documento ricorda che gli uomini della contrada di Valsecca pagano al Reverendissimo Monsignor Vescovo di Bergamo un censo di Lire 9 di formaggio ogni anno in perpetuo, più Lire 3 al Canonico d’Almenno[8].
ESTIMO DEL 1476
L’amministrazione veneta, tra le sue numerose fonti fiscali, imponeva a tutte le provincie della Repubblica un imposta diretta, essenzialmente basata sul patrimonio fondiario. Nel caso di Bergamo, il territorio era diviso in Quadre per il piano o in Valli (esenti). Ognuna aveva il suo tesoriere. In valle Imagna il Consiglio della valle eleggeva, in quel ruolo e per numerose generazioni, un componente della famiglia Coronini di Berbenno. Ogni comune della valle doveva pagare la sua parte al tesoriere; la ripartizione dell’imposta era basata sul valore del patrimonio dei possidenti terrieri, il bestiame e vari prodotti manifatturieri. I capi famiglia eleggevano, oltre al tesoriere comunale, i deputati incaricatici a valutare e stimare i beni di tutte le famiglie possidenti.
L’Estimo del comune di Valsecca per l’anno 1476[9], custodito alla biblioteca Mai di Bergamo, è un documento eccezionale, rappresenta un spaccato molto dettagliato degli abitanti del paese: il censimento dei capi di famiglia con il loro patrimonio fondiario, la loro età, quella dei figli in grado di lavorare, i loro mestiere e anche i loro debiti.
In quell’anno, 1476, sono solo 48 anni che la valle Imagna è passata sotto il dominio di Venezia. Il vecchio condottiero Bartolomeo Colleoni è deceduto da qualche mese nel suo castello di Malpaga, e infine, come ultimo riferimento cronologico, mancano ancora 16 anni prima che Cristoforo Colombo scopra l’America! Questo detto per sottolineare l’importanza storica del documento. É difficile trovare una fonte cosi precisa e dettagliata che rivela particolari anagrafici e economici essenziali per le ricerche storiche.
Furono quattro gli uomini, capi di famiglia di Valsecca, incaricati a stabilire l’Estimo Generale del comune: Pero detto Pacha de Bolis, Roggero figlio di Roggero Rota, Antonio detto Longino di Moscheni e Vanone figlio di Zuane Daina de Valsecchi. Non sembra casuale la scelta di questi uomini, ognuno di loro rappresenta le quattro importanti, antiche e originarie famiglie di Valsecca: Bolis, Rota, Moscheni e Valsecchi.
Gli estimatori cominciano il loro giro delle contrade con Falghera[10]. In quell’epoca faceva ancora parte, per lo meno fiscalmente, del “comune” di Valsecca. Scopriamo anche, nel detto documento, che in questa seconda metà del Quattrocento, Sant’Omobono come Costa erano due frazioni della contrada di Cepino. Sono 11 le famiglie censite su Falghera e tra quelle sono quattro i capi famiglia di cognome Dulzoni o Dulconi. Interessante l’etimologia di quel patronimico e vedere la sua evoluzione: dal 1476 passiamo al 1552 per vederlo scritto Dulzis che poi diventerà Dolci.
Sempre su Falghera troviamo Il più importante contribuente stimato su Valsecca si tratta di Maffiolo Rota-Chiarelli, mercante di pannilani, di anni 55, che abita alla Torre: il dito a doy casete e i°caselo da fogo e I°fenile e I°fenileto ala Tore di valore L.140. Il suo patrimonio fu stimato Lire 1516. Possiamo renderci conto dell’agiatezza della famiglia osservando come un nipote del sopradetto Maffiolo, si tratta di Giovanni Antonio , sia presente, tra 1536 è 1584, negli archivi del notaio Giovanni Giacomo Moscheni-Zanucchini di Rota Fuori con 209 atti notarili rogitati a suo nome. Fu il secondo più importante cliente di quel notaio.
Ma vogliamo attardarci su una famiglia emblematica di Valsecca, i Daina de Valsecchi. Riproduciamo la dichiarazione fiscale di Zuane[11] della Fracchia, stimata in Lire 1423.
“Zuane Dayna di Valsecchi di anni 68, a 4 fioli lavoranti da lana, a sé e da altrui, di anni 36, 30, 26, 24. El detto a due case, un fenile, un feniletto alla Fragia di valore L. 200
- La Quada, pertiche 6 di terra (…) di valore 70
- (…) pertiche 10 di terra … di valore 60
- Item il medesimo Zuane Dayna a sotto la Fragia pertiche 10 di terra (…) di valore L. 100
- A mobili e più … di valore 70
- A vacche 4 di valore 36
- A 1 mula di valore 40
- A panni e lana di valore 110
- A panni 4 alti veronesi: 2 fini, 2 grossi, di valore 200
- Deve avere da Brochero de Valsecchi … 103
- “ da Antonio del Pertuso de Moscheni 100
- “ da Zuane del Fachinetto de Moscheni 25
- “ da Gileto fratello del detto Zuane 89
“ da Jacomo del B.lossa de Moscheni L. 60
“ da B.tuli e Zuane di Domenico de Valsecchi L. 50
“ dalla … del Bernardino di M° Valsecchi L. 18
“ dal Cabelo di Valsecchi L. 13
“ da Zuane e Renaldo di Valsecchi L. 13.10
“ da Simo de Pedro de Moscheni L. 12
“ da Bertramo detto Penchero L. 13
“ da Castello del Cassinello de Manzoni L. 17
“ da più persone L. 24
El medesimo deve dare a Gidoto d’Albino L. 15
“ “ a più persone L. 23”
Zuane Daina fu il più importante contribuente fiscale di Valsecca. Come vediamo, il suo patrimonio è basato, per l’essenziale, in denaro investito in prestiti ad altre persone, il totale dei sui averi è di Lire 1423, per un debito di Lire 38, cioè solo 2,6 % della sua sostanza. Il caso estremo censito, economicamente il più basso di Valsecca, è di Maffiolo Rota-Regori detto Moretto, di anni 37, battilana del Prabuté, i sui averi ammontano a Lire 216, ma è debitore di Lire 386, cioè un tasso di indebitamento del 178,7%. Quasi tutti gli abitanti di Valsecca hanno debiti, la media per il totale dei capi di famiglia è piuttosto alta, pare al 23,76%. Numerosi sono quelli che devono per zudigeri, cioè ogni anno pagare alla parrocchia tante some di frumento, pesi di sali o pane cotto per adempire il legato fatto dal padre ma anche da lontani avi. Soprattutto tantissimi pagano ogni anno un fitto in perpetuo su certe loro terre. Generazioni dopo generazioni devono pagare un affitto annuale per conservare il loro bene. Sono investimenti realizzati da ricchi mercanti valdimagnini, spesso già stabiliti in Bergamo, i principali sono: Gasparino detto Ligeri Zabelli de Rota, Guglielmo[12] detto Rosetto figlio di Manzino Zabelli de Rota, Alberto detto Ligeri Zabelli de Rota. Tutti questi Zabelli, sono discendenti dei Guarinoni di Rota Fuori. É citato anche Bonadeo Grassi[13] de Locatello, e di frequente anche Zuane del Reta di Roncali, cioè Giovanni Roncalli di Cepino, detto Retha: la famiglia ha lasciato suo soprannome alla contrada Caretti. Come gli altri sopracitati, il Roncalli si è arricchito nella mercatura, soprattutto dei pannilani. Però alla differenza di numerosi altri valdimagnini, ricci mercanti, lui ottiene la cittadinanza di Bergamo tardivamente, ciò l’anno 1477[14], dunque la sua residenza ufficiale è ancora in valle Imagna, dimostrata dalla sua dichiarazione di stima sulla contrada di Cepino, sempre per quell’anno 1476.
Con lui possiamo scoprire un esempio delle ricchezze generate da questi imprenditori valdimagnini. In quell’anno 1476 Zuane Roncalli aveva passato i 75 anni di età, si trovava nella posizione del patriarca che comincia a lasciare i suoi affari tra le mani dei tre figli mercanti: gestiscono un mulino con pesta, due folli e una tintoria in Caretti sulla riva dell’Imagna. Non c’è nessuno particolare che descrive la casa, ma è valutata Lire 1000, possiamo immaginare il meglio. Come vedremo le case più stimate di Valsecca valgono Lire 150.
Il suo patrimonio fondiario ci lascia a bocca aperta. Sono 165 appezzamenti di terra per più[15] di 113 ettari su Cepino, Bedulita, Corna, Selino, Blello, Stozza, Almenno. In valle San Martino: in Vercurago, Calolzio, Foppenico, Rossino, poi le ricche terre, per lo più arative, in pianura nell’Isola: in Filago, Berzio, Bonate, Chignolo. Solo una piccola parte è gestita da lui, stimata Lire 4373, ma la maggioranza sono terre in livello perpetuo, non stimate, ma sulle quali al Roncalli tocca ogni anno un affitto. Non si finisce lì, segue un lungo elenco dei suoi debitori, cioè 177 persone che pagano interessi su un capitale di Lire 6647 dovuti.
Ritorniamo su Valsecca, il valore delle case stimate è molto variabile secondo le contrade, le più basse sono su Càrevi (Lire 30) e le più alte in Cascutelli e Gromo (Lire 125-150), il valore medio delle case, spesso con un fienile, stalla, pollaio, forno, è di Lire 73. La pertica di terra ha un valore stimato tra Lire 8 è 11. Sono pertiche 1825 quelle censite nell’Estimo di quell’anno 1476, cioè ettari 120 incirca. Sui 90 proprietari fondiari 55 hanno almeno una vacca, 23 una pecora e solo 9 possiedano un mulo o un asino.
Sul comune sono censiti 143 vacche (o manzo o vitello), 406 pecore e capre, 11 muli o asini. Numerosi di questi bovini o ovini sono in soccida. In quell’epoca una vacca vale circa Lire 10, una pecora non supera una Lira, il valore medio di un mulo è di Lire 29. Praticamente tutti gli abitanti di Valsecca hanno da vendere qualche pannilani, che sono contabilizzati nel loro patrimonio: panni Valsugana, panni nostrani, panni alti o bassi, i valori sono tra Lire 12 e 50 il panno, secondo la qualità.
Sono segnati tre mulini, sul torrente Pettola, il primo mulino con forno, stimato Lire 100 di Antonio Rota Chiarelli, merzaro di anni 36, l’altro di Pero Cassinelli de Manzoni detto Nigrino di anni 40, l’ultimo è di Castello Cassinelli de Manzoni al Mus, di anni 25.
L’attività nel settore del tessile fu altrettanto importante come la lavorazione e la fabbricazione d’oggetti di legno: 48 uomini lavorano[16] la lana o sono sarti, 52 sono artigiani fabbricanti di contenitori di legno, mestoli, attrezzi vari e diversi in legno o venditori degli stessi prodotti[17]. Solo due sono detti fabbri ferrai e tre sono merzari in ferrarese.
Sono 90 le famiglie censite, mentre 30 anni dopo, nell’Estimo della valle del 1506[18], né troviamo 106 per Valsecca e Falghera. In quell’epoca il più importante contribuente fiscale fu Bertramo e fratelli figli di Zanni Scudelli de Moscheni, dichiarando Lire 4430.
Famiglie
Alla fine del XIV° secolo possiamo chiaramente distinguere quattro famiglie: i Moscheni, i Bolis, i Valsecchi e i Rota che consideriamo come antichi e originari ceppi di tutte le altre famiglie insediate in Valsecca per quell’epoca e per la maggioranza dei casati nei secoli successivi. In un’epoca successiva arrivano i Manzoni. Un precedente studio sulla parrocchia di Rota metteva in evidenza una situazione praticamente identica, cioè nel Quattrocento la popolazione del paese discendeva anche lì da quattro famiglie, i Bolis, Moscheni, Rota e Quarenghi.
Per differenziare le diverse famiglie di Valsecca, portando un patronimico identico, vengono attribuiti dei soprannomi, a loro volta certi di questi appellativi diventeranno dei cognomi. Per questo il Quattrocento fu la cerniera tra due epoche e segna la nascita di numerosi nuovi nomi di famiglia.
Dai Bolis discendano i Bottana, i Raselli, i Rasini.
Dai Moscheni discendano gli Amorosi, i Baschera, i Cassini, i Gritti, i Pagnoni, i Pizzardi, gli Scudelli, i Todeschini, i Tonoli.
Dai Rota discendano i Bugada, i Catena, i Fusari.
Dai Valsecchi discendano i Barabani, i Baracchi, i Belli, i Berardi, i Capini, i Cassi, i Cornali, i Daina, i Gobbi, i Manzini, i Raynaldi, i Rizzi,i Sibella, i Tincti.
Dai Manzoni discendano i Cassinelli.
Non solo, i nostri rilevamenti dimostrano queste derivazioni, ma anche i notai nei loro resoconti delle assemblee dei capi di famiglie fanno queste classificazioni. Ad esempio del sindacato di Valsecca del 1460[19], il notaio Antonio Rota distingue le quattro famiglie: Moscheni, Bolis, Valsecchi e Rota, concludendo con i Cassinelli.
Il primo settembre sono riuniti nella contrada di Cascutelle:
Martino detto Scudella f.q. Petri detto Scudelle de Moschenis
Zanus f.q. Johannes de Moschenis
Petrus f.q. Antonio detto Zabori de Moschenis
Antonio f.q. Bonomi de Bolis
Vincentius f.q. Arnoldi de Bolis
Bertulino filius Johannes olim Vincenti detto Raselli de Bolis
Petrus detto Capinus f.q. altro Petri detto Cape de Valsecchis
Dominichus f.q. Bertrami detto Berardi de Valsecchis
Lafranchis f.q. Fillipi de Rota
Johannes detto Rubeis f.q. Zani detto Cadenini de Rota
Johaninus detto Casinelus filius Zani de Manzonibus
Il notaio avrà dimenticato due persone, aggiunge:
Vincentius f.q. Petri detto Mutti de Bolis
Bertrami detto Brandinus f.q. Simonis olim Raselli de Bolis
Nel sindacato del 1509 non sono presenti Manzoni-Cassinelli, solo le quattro famiglie come sopra, il notaio Giovanni Moscheni-Zanucchini anche lui elenca le famiglie, classificandole nello stesso ordine e precisa: tutti della parentela Moscheni – tutti della parentela Bolis – idem Valsecchi – idem Rota.
Barabani
L’anno 1471 é citato[20] Zani detto Barabani f.q. Bonetto Vache de Valsecchi, che abita a Camozzo; lo ritroviamo sull’Estimo del 1476 descritto come magister da cazuli, nato circa l’anno 1416.
Nel lontano 1507 Giovanni figlio dell’altro Giovanni Barabani de Valsecchi fa testamento[21] e poi i sui nipoti Marco, Giovanni e Giuseppe faranno divisione dei beni familiari il 7 gennaio 1547[22]. Sono descritti una casa in Grumello, numerosi appezzamenti di terre alla Plana, in Payero, in Frachiis, in Campis de Zochis, in valle Petolum e una terra di pertiche 27 comprata dal Maestro Jacobo Betoli de Peterbellis e a suo figlio Gottardo. Le famiglie poi si stabiliscono nelle contrade di Cacasetti e Valsecca Bassa.
Una lunga relazione tra i Barabani e i mulini inizia nel 1689 quando Francesco Barabani fa donazione[23] a suo suocero, Pietro Todeschini, di un terreno per fabbricare un mulino. Arriviamo poi all’inizio Ottocento per vedere Paolo Barabani, discendente del precedente Francesco, descritto come proprietario dei mulini della Foppa e di Campagnone.
Soprannomi: Cazale (1642), Boldrana (1739).
Baracchi
Il primo Baracchi che appare negli archivi è un certo Bertramo di Camozzo, figura tra i censiti sull’Estimo del 1506 con un patrimonio stimato Lire 542.
Localizzati poi in contrada Cà del Bello all’inizio del Seicento.
Baschera
Andrea Baschera de Moscheni fa testamento l’anno 1537, fu per molti anni sulle galee, requisito dalla Serenissima come galiotto, nomina suo figlio Bertramo erede universale.
Vendita di fieno
1566 Settembre 5, S. Omobono Valle Imagna, davanti alla casa di Maffeo Bazini di Rota.
Bertramo del fu Andrea Baschera de Moscheni abitante in Val Secca vende a Martino del fu Giovanni Maria Zanini Tonolo de Schutellis tutto il fieno che si trova in un solaio della casa di proprietà di detto Bertramo situata in località de Chachassetis della contrada di Val Secca, fieno raccolto lo stesso anno (1566) da detto Bertramo sulle terre per lui lavorate da Marco Daina di Val Secca; la quale quantità di fieno fu promessa da Bertramo a detto Martino il quale a sua volta promette di darlo da mangiare alle bestie nello stesso luogo di Chachassetis e di destinare il letame prodotto da dette bestie alla concimazione delle terre di proprietà di Bertramo per lui lavorate da Marco Daina dalle quali fu raccolto detto fieno, purché il detto Bertramo debba consegnare in cambio a detto Martino le foglie per lo strame delle bestie che mangiano il detto fieno; e tutto ciò per il prezzo da pagarsi da Marco Manzini, liquidatore scelto da detti Bertramo e Martino per stimare detto fieno, e a quel prezzo si devono attenere entrambe le parti. E da quel prezzo Martino debba pagare, come in effetti promette di pagare, a Marco Daina quindici lire imperiali per l’affitto dell’anno in corso delle stesse terre [o per il lavoro fatto sulle terre]. Il residuo del prezzo di detto fieno andrà defalcato da un credito che Martino vanta nei confronti di Bertramo. – Notaio Giovanni Giacomo Moscheni
Famiglia estinta nel Seicento.
Belli
Le prime notizie riguardanti i Belli de Valsecchi sono quelle di Giovanni detto Bello figlio di Andrea Cressi de Valsecchi. Appare sull’Estimo dell’anno 1506, stimato Lire 1550.
Bartolomeo figlio di Giovanni Battista Belli il 2 febbraio 1700 detta il suo testamento al notaio Antonio Rota[24]; in assenza di figli nomina eredi i sui fratelli Carlo, Giovanni, Simone e Francesco, poi lega alla chiesa di San Marco due quadri: uno di San Salvatore e l’altro di San Bartolomeo come anche una scale da mano lunga di passi 31. Bartolomeo ordina ugualmente che il suo ritratto, come il quadro di San Bartolomeo che si ritrovano in casa, non siano venduti ma lasciati in detta casa per gli eredi delle generazioni future.
Segnaliamo anche le ultime volontà, poche comune, di un altro Belli di Valsecca. Il 31 settembre 1743 Bernardo figlio del fu Rocco Belli di anni 66 fa testamento[25]e ordina che sia spesa per l suoi funerali l’importante somma di Lire 433. Vuole che siano celebrate, nel termine di anni tre, messe quattrocento. Ordina al suo erede che venga celebrata una messa all’Altare privilegiato della chiesa di San Bernardino, chiamata la Cassa delle Ossa, sopra il cimitero di S. Stefano in Milano. Più un’altra messa in S. Giovanni Decollato alle case rotte pure in Milano. Lascia diverse somme per la Confraternita e le Scuole di S. Marco di Valsecca e per la Cornabusa e comanda che sia comprata una campanella, per circa Filippi[26] 10, per essere posta sopra l’Oratorio presso la chiesa parrocchiale.
Più o meno nella stessa epoca di questo testamento, in Valsecca, vive Pietro Antonio figlio del fu Pietro Belli detto Pittore, quest’appellativo è anche uno dei toponimi rilevato nel comune.
Bolis
Sono soprannominati Raselli e Rasini. Lo storico Giuseppe Ercole Mozzi[27] ha censito un atto notarile del 1335 citando Omeboni figlio di Martino detto Rati de Bolis di Valsecca.
Un altro rogito importantissimo datato 20 maggio 1472[28] ci permette di intravedere le diverse diramazioni di questo casato. Siamo a Valsecca in Gromo Superiore nella casa degli eredi del fu Simone figlio di Ser Vincenzo detto Raselli de Bollis (quasi sempre il cognome è scritto con due elle) ad domos illos Raselli, siamo lì nella “casa madre”, culla dei Raselli. Presenti come testimoni: Bernardo detto Nigrino f.q. S. Bonomi de Bolis de Valdimania, S. Jacobo f.q. S. Marti de Bolis de Lecco, Petro f.q. Alberti de Bolis de Lecco, S. Martino f.q. Simone de Bolis de Valdimania e Vincencio f.q. Arnoldi de Bolis de Valdimania. Sono riuniti quel giorno due componenti della famiglia Bolis per concludere la divisione di beni, con un scadenziario su diversi anni per regolarizzare i conti.
Da una parte troviamo Vanotto f.q. Ser Bertramo detto Barzini de Bolis che abita a Lecco e Antonio detto Garzono (nipote del precedente Vanotto) f.q. Ruggeri olim (del sopradetto) Bertramo detto Barzini de Bolis che abita in Valdimania, contrada di Locatello.
Le ultime famiglie con il solo cognome Bolis spariscano all’inizio del Cinquecento.
Bottana
Bertramo sarebbe nato nel 1421 e abita a Cafarina, Nell’Estimo del 1476 è descritto come cazularo, padre di Pero di anni 28 anche lui cazularo, Manzino battilana di anni 24 e Ambrogio venditore di cazuli, di anni 20.
Bugada
Le radice della famiglia Bugada sono da ritrovare tra i Brignoli de Rota[29], Ricordiamo che nel Trecento gli eventi bellici tra guelfi e ghibellini hanno sconvolto la popolazione e le famiglie della valle si sono rifugiate un po’ ovunque, i Brignoli in valle San Martino verso Burligo e Palazzago.
Lo storico Giuseppe Ercole Mozzi nella sua monumentale Antichità bergamasche, cita una pergamena datata 1459 nella quale figura Tonolo detto Bugata f.q. Zanni detto Cadenini de Brignoli de Rota abitando Gromanzono comune di Valsecca. Si tratta di un atto notarile di Tonolo Rota, notaio di Carenno, con cui il primo agosto 1459 fanno contratto di soccida il detto Bugada con Ambrogio Manzoni di Erve. Una attenta lettura rivela che la parola Gromanzono è cancellata e sul margine il notaio ha scritto Capizolis.
Negli Atti della visita detta di San Carlo Borromeo del 14 ottobre 1575 è citato il legato di Bartolomeo fu Antonio Bugada, rogato dal notaio Pietro Bono Pellegrini il 3 novembre 1488: dono di Lire 40 per un calice, più l’elemosina per i poveri di Ducati 5 in pane cotto e sale su 5 anni.
Pietro Bugada figlio di Pietro Antonio di Capizzoli si stabilisce in Rota Fuori circa nel 1650; sarà il capostipite di tutti Bugada in questo comune. La famiglia possedeva già terre in Caboli e Camoscheni, beni acquistati dal padre Pietro Antonio dai fratelli Zanucchini (Moscheni) Gio. Giacomo e Giovanni l’anno 1634.
Calegari
I primi Calegari appaiano in Valsecca all’inizio del Settecento.
Capini
Nell’estimo del 1476 è citato Pero detto Capino di anni 55, venditore di cugari e cazuli.
I fratelli Pietro Antonio e Marco figli di Simone Capini sono tra i più importanti clienti del notaio Giovanni Giacomo Moscheni-Zanucchini di Rota Fuori, abbiamo censito al loro nome 211 atti negli anni 1540-1575; per lo più sono prestiti di denaro e contratti di soccida.
Casato estinto all’inizio del Seicento.
Cassinelli
Appare sull’Estimo del 1476 Castello Cassinelli de Manzoni figlio di Giovannino abitante di Moso (Mus), di anni 25, fa il frero[30], possiede una casa con mulino vicino al torrente Pettola e 12 pertiche di terra con un fenile, per i quali paga un fitto perpetuo di Lire 5 a Ms. Gasparino de Zabelli de Rota. É proprietario anche di una vacca, un asino e 9 pecore.
Il mulino (in loco del Mosis) fa parte dei beni divisi tra gli eredi di Castello l’anno 1537[31].
Lanfranco e Battista, fratelli, figli di Santino sono fabbri di ferramenta (1662-1665).
I Cassinelli di Valsecca sono all’origine delle famiglie Cassinelli di Rota Fuori e di Berbenno.
Cassini-Cassi[32]
Il più anziano Cassini de Moscheni che possiamo localizzare in Cacasetti fu Zuane nato l’anno 1406, padre di quattro figli, tre sono battilana e uno sarto (Estimo del 1476).
Paolo Cassini de Moscheni nel suo testamento del 1693[33] nomina erede la chiesa di San Marco, con l’obbligo per i sui reggenti di fare realizzare un ancona all’altare di San Gottardo e San Sebastiano, con l’immagine della Beata Vergine Maria con il Bambino Gesù in braccio, il Patriarca San Giuseppe, i Santi tre Re Maggi, San Paolo e anche l’apostolo San Pietro.
Catena
Discendendo dei Brignoli de Rota la famiglia Catena è presente circa un secolo su Valsecca. L’anno 1460 troviamo Pietro detto Cadena figlio del fu Bertramo de Brignolis.
La stessa famiglia si stabilisce in Rota Dentro dove la ritroviamo fino la meta del Settecento prima della sua estinzione.
Cornali
Della famiglia dei Valsecchi, il primo che appare negli archivi sarebbe Pietro detto Cornalo figlio del fu Zanni (di) Maffeo de Valsecchi, siamo nell’anno 1495. Su Valsecca le ultime notizie di questa famiglia sono dell’inizio Settecento, poi un componente di questa famiglia si stabilisce, circa nel 1640, in Locatello. Nota: i Cornali di Rota Fuori sono oriundi di Almenno San Bartolomeo.
Daina
Chiunque inizierà una ricerca sulla famiglia Daina troverà facilmente informazioni sui nobili Daina de Valsecchi. Questa nobiltà è recente, data secolo scorso, ottenuta dall’avvocato Giovanni Daina l’anno 1927 che non resiste all’imperiosa necessità di un cognome con la particella nobiliare: fa aggiungere al suo cognome il De’ Valsecchi non usato da secoli. Quest’avvocato Giovanni Daina è discendente del ramo Daina di Rota Fuori, lontano cugino degli imprenditori tessili della Torre. L’Enciclopedia Storico-Nobiliare Italiana di Vittorio Spreti (1935) ci propone lunghe genealogie sul casato partendo da un certo Bertramo De Valsecchi, già cittadino di Bergamo l’anno 1430, poi la famiglia ottenne il diploma della cittadinanza originaria l’anno 1756.
Purtroppo non è così, una volta di più gli incaricati di ricercare le radici delle famiglie, allo scopo di ottenere l’antica cittadinanza di Bergamo, prendevano delle scorciatoie un po’ troppo facili! Il sopradetto Bertramo del 1430[34] non è il capostipite della famiglia, anche se è possibile che sia un parente (vedere paragrafo sui Valsecchi).
Abbiamo ritrovato il frammento di un rogito notarile, senza data, firmato dal notaio Zanotus Marcheti de Valsichis che datiamo alla fine del Trecento o inizio Quattrocento[35].
Questo pezzo di pergamena associato ad altri documenti[36] del Quattrocento allarga e conferma la lunga genealogia del casato Daina da noi controllata, i due nomi Zanotto (figlio di) Marchetto non portano ancora l’appellativo Dayna, solo Valsichis. Come abbiamo accennato in precedenza, Daina fu un soprannome che diventa cognome, come tanti altri, nel corso del Quattrocento.
Alla lettura degli archivi del notaio G.G. Moscheni, Z. Marco (1) figlio di Giovanni appare come il più intraprendente dei Daina, si stabilisce aSono tantissimi gli atti notarili di “pace” per concludere delle risse tra famiglie della valle, spesso sono archibugiate, a volte fatale. La famiglia Daina si vede, almeno per due volte, coinvolta in drammatici casi di vendetta, la prima con la famiglia Manzoni.
Il 10 giugno 1660 Stefano Manzoni figlio del fu Lorenzo di Cafrago viene trovato morto, con molte ferite, in un bosco di Rota. Passano dieci mesi e un nuovo dramma sconvolge le due famiglie Manzoni e Daina oriunde di Valsecca ma stabilite in Rota Fuori. Il 24 aprile 1661 Giovanni Battista[37] Daina figlio di Cristoforo prese il Giulileo la mattina poi fu amazzato d’una scopetata avanti la porta della Chiesa (di San Siro) da Lorenzo[38] Manzoni figlio di Stefano.
Lorenzo avrà vendicato la morte del padre? Non sappiamo che fine ha fatto, una cosa é sicura: non ha discendenza in valle Imagna.
La seconda situazione, un po’ meno tragica, si risolve con la pace firmata il 4 novembre 1735[39]:
Sono riuniti in Cascutelli, nella camera ove giace a letto Giovanni Maria Todeschini. C’è suo padre Gottardo e suo fratello Rocco, che firmano l’accordo al nome loro ma anche degli altri fratelli Giulio e Giovanni Battista assenti, l’altro firmatario è Giacomo Daina figlio del fu Martino.
Il giorno primo del mese viene ferito Francesco Daina q. Martino col sbaro della schiopetta con cui restò offeso da balini nella schiena il detto Francesco Daina fratello dell’infrascritto Giacomo (…) fanno una buona, vera, sincera e perpetua pace (…) con reciproco bacio di pace, anche à nome del medesimo Francesco suo fratello giacente offeso nel letto e io nodaro infrascritto per detto D. Francesco ed in suo nome stipulante et recipiente la pace medesima per l’offesa da esso D. Giacomo Daina fatta con archibugiata allo stesso Giammaria Todeschini, l’istesso nominato giorno primo corrente (…).
Le conseguenze di questi atti possono essere molto pesanti, il console del comune ha l’obbligo, nelle sue prerogative, di denunziare al Podestà di Bergamo tutte le ferite dovute ad atti di violenza. E sappiamo che nei secoli passati la Giustizia umana non tollerava niente, pene di morte o una condanna a anni di galee (tanto vale dire pena di morte…) erano frequenti. In questo caso sappiamo che i due feriti e i loro parenti coinvolti sono tutti vissuti in Valsecca negli anni seguenti.
Gritti
Il primo Gritti appare nell’Estimo del 1476, sarebbe Antonio Moscheni detto Gritti, figlio di Zuane detto Berlossa, di anni 36, censito come sarto e mercante, abitando a Càrevi.
Quel Antonio, il primo di cognome Gritti, fu padre di cinque figli: Giovanni, Pietro, Sirio, Francesco e Sebastiano, da loro scendano tutti Gritti di Valsecca poi di Rota Dentro, quello lo possiamo affermare, e con una forte probabilità anche quelli di Locatello.
Antonio Maria Gritti fu padre del Reverendo Letanzio Gaetano (nato circa 1700), già nel 1718 era proprietario di una casa in Pragatone nel comune di Rota Fuori. Suo figlio prete Letanzio Gaetano, che abita a Piacenza, si reca spesso nella sua valle natale, la sua residenza estiva é in Pragatone dove l’anno 1743 farà costruire l’oratorio dedicato a San Gaetano.
Riproduciamo gli estratti di un atto notarile, che ha la particolarità di trattare in uno solo rogito sia di una vendita di legna, sia del pagamento di una dote.
Il lunedì 3 del mese di ottobre 1712[40], i fratelli Giovanni Battista, Giovanni e Pietro figli di Giovanni Battista Gritti vendono a Lorenzo figlio del fu Francesco Manzoni detto Papetto del medesimo comune di Valsecca, la legna per far carbone e ciò che meglio piacerà al compratore. Principiando sotto la strada che tende alla pezza di terra detta il Chignolo, sino alla valle detta la valle di Cantoni, sino alla strada che tende per andar in Valsecca Bassa (…). La quale legna è stata stimata da due stimatori, uno per parte, in sacchi n° cento e sedici, à ragione di Lire tre e mezzo il sacco[41], quali fanno Lire quattro cento e sei di moneta corrente di Bergamo (…) con condizioni che la legna venduta sia tagliata tutta di luna crescente e nel termine di anni tre, oggi principianti (…).
A pagamento appena effettuato i fratelli Gritti subito pagano Paolo Todeschini, loro cognato, in conto alla dote di donna Caterina loro sorella, moglie del detto Paolo.
Invernizzi
La presenza di diversi componenti del casato Invernizzi è accertata in Valsecca negli ultimi anni del secolo XVII. Dopo pochi anni gli Invernizzi sono bene integrati nella loro nuova comunità, come ad esempio Giacomo eletto Console di Valsecca l’anno 1706, poi sarà il turno di suo figlio, eletto l’anno 1722.
Nel 1700 abbiamo il contratto[42] tra Giovanni Battista Gritti e Pietro, figlio del fu Andrea Invernizzi della Colmine di San Pietro. Il Gritti affida al Invernizzi un terreno da disboscare (da far à campo), di circa cinque pertiche, posta nel luogo de Càrevi, ove si dice nelle Seie. Stupare tutte le castagne e farle in carbone (…) tutta la legna buona da far asse e legni da fabbriche e pali. Gio. Battista Gritti si obbliga di dare a detto Invernizzi Lire trentacinque la pertica e dell’usufrutto di tutto quello che si caverà, di detta terra, meta per ogni parte.
L’anno 1704 vede Carlo figlio del defunto Pietro Invernizzi del Comune di Morterone Colmine di San Pietro ma ora abitando nel presente Comune di Valsecca, insieme a Donna Aurelia sua moglie e figlia di Cristoforo Maconi, comprare due corpi di case in Càrevi, chiamate le case della Barbera, con un pezzo di terra chiamata il campo dall’orso in Pedezolo, dai fratelli Pietro e Francesco figli di Marcantonio Gritti detto Zaura, il tutto al prezzo di Lire 600 di moneta corrente di Bergamo.
Manzoni
Siamo con la stessa famiglia dei detti Cassinelli, i documenti più antichi (inizio ‘400) citano sempre i Cassinelli de Manzoni, poi un secolo più tardi Il cognome Manzoni appare da solo. Però c’è una bella confusione negli atti notarili, a volta lo stesso individuo è nominato Cassinelli, altre volte Manzoni. Circa nel secolo XVII si vede chiaramente distinguere i due casati, poi sparisce il cognome Cassinelli, al punto anche di trovare certi notai nominare i Manzoni de Cassinelli, cioè l’appellativo originale viene invertito! Certamente per ricordare, la predominanza dei Cassinelli nei secoli passati, almeno così sembrava agli abitanti di Valsecca.
Mazzoleni
I quattro fratelli: Tommaso, Francesco, Pietro (detto Turbino) e Pietrone figli di Geri della Costa in contrada Cà Bagazzini, si sono stabiliti in Valsecca circa nel 1540 in contrada Cà. Poi, all’inizio del Seicento si stabiliscono in Locatello e Bedulita mentre sparire completamente di Valsecca.
FRANCESCO q. GERIO MAZZOLENI VENDE AL FIGLIO GERIO UNA CASA E METÀ DI UN FIENILE
Nel nome di Cristo amen. Giorno tre del mese di marzo 1594, indizione settima, in casa di proprietà e di abitazione dell’infrascritto Gerio compratore, situata nel luogo di Ca’ Pizzoli della contrada di Valsecca, Valle Imagna, distretto di Bergamo, presenti i testimoni: ser Pietro Antonio del fu Antonio Maria Bugada, signor Marco e Giovanni Giacomo fratelli, figli del fu signor Battista Dayna di Valsecchi e Antonio del fu Giovanni Antonio Todeschini de’ Moscheni tutti abitanti della predetta contrada di Valsecca, noti e idonei, convocati a questo scopo e dichiaranti etc.
Qui Francesco figlio del fu Gerio Mazzoleni, abitante della contrada di Valsecca, uomo di età di oltre settant’anni, esplicitamente, spontaneamente e con matura decisione, a titolo di dato e di vendita e in ogni miglior modo ecc. fece e fa dato e vendita e trasferimento di dominio e di possesso per libero e compiuto mercato e accordo a Gerio, figlio separato dello stesso Francesco, presente ed accettante per sé e per i propri eredi ecc., una pezza di terra prativa, arboriva, regressiva, corneliva giacente nella predetta contrada di Valsecca in località Ca’ Mozzi dove si dice in Canegia, e della metà di un fienile in muratura, con porta e coperto di ardesie esistente sopra o presso detta pezza di terra, del quale fienile l’altra metà è di proprietà di Giovanni Maria Baracchi di Valsecca che l’acquistò dal signor Francesco col suo cortile e i suoi soliti accessi e servitù, e a detta pezza di terra confina a est la proprietà di detto Giovanni Maria Baracchi e in parte le strada, a sud lo stesso Giovanni Maria, a ovest e a nord proprietà comunali, salvi confini più veritieri; la quale pezza di terra è circa di pertiche cinque o tanta quanta è, quanta si vuole in più o in meno, per il prezzo sotto indicato per patto speciale così tra loro in precedenza …? ecc., e di ogni diritto, azione in qualsiasi modo pertinente allo stesso Francesco su detta pezza di terra e metà del fienile; ma in quel modo ecc. e qualsiasi cosa ecc. e detto Francesco diede e consegnò allo stesso Gerio tutti i diritti ecc. e lo stesso Francesco ponendo pose il soprascritto Gerio in suo proprio luogo, diritto e stato e procuratore per quanto riguarda detta pezza di terra e di metà del fienile e lo rese e lo costituì procuratore come verso una cosa propria. E in ogni modo ecc. diede e dà il venditore al compratore piena libertà e licenza irrevocabile di entrare ecc. e così fu contento ecc. e inoltre il signor Francesco convenne e promise sotto obbligazione sua e di ogni suo bene ecc. e d’altra parte in perpetuo per se e per i propri successori di difendere legalmente, di mantenere, di agevolare detto Gerio e i suoi successori in relazione a detta pezza di terra e metà del fienile e tutto ciò qui sopra venduto nei confronti di ogni persona ecc. in plenaria et comuni fama e soprattutto con la clausola maggiore di opporsi alle liti ecc. e di legittima evizione secondo gli ordini e gli statuti della Magnifica Comunità di Bergamo che le due parti vollero qui considerare come inserita e registrata.
Il quale atto di dato e vendita e tutte le cose predette fece e fa a detto Gerio suo figlio separato che così accetta per il prezzo di lire trecento sessantaquattro imperiali da pagarsi da detto Gerio con i patti e i modi qui sotto annotati, e cioè: primo, che detto Gerio da detto prezzo trattenga e possa trattenere per sé lire cento imperiali nelle proprie mani, come da ora detto Francesco lascia, per patto speciale tra essi contraenti, dette lire cento a detto Gerio per tenerle in deposito senza però pagare o dare alcun usufrutto o fitto a nessuno da parte di detto Gerio finché Bonetto, figlio di detto Francesco avuto dall’ultima sua moglie, prometta e dichiari di non molestare mai né di contrastare detto Gerio e i suoi eredi a proposito dei detta pezza di terra e metà del fienile in vigore della dote della fu madre di detto Bonetto, e una volta moglie di detto Francesco, e per qualsiasi altra causa e (in vigore) di qualche diritto pertinente o in qualche modo spettante a detto Bonetto in detta pezza di terra e metà del fienile; e queste cose furono fatte per cauzione di detto Gerio per patto speciale così celebrato tra detti padre e figlio contraenti, senza il quale patto detto Gerio non avrebbe conchiuso detta vendita da parte di suo padre per rispetto della dote della predetta ultima moglie del soprascritto Francesco e madre del soprascritto Bonetto. Le restanti lire duecento sessantaquattro imperiali invece lo stesso Gerio è d’accordo di darle e pagarle e le promise e le promette sotto obbligazione di se stesso e di tutti i propri beni ecc. al predetto suo padre Francesco, che così accetta, ad ogni richiesta dello stesso Francesco, di giorno in giorno o di mese in mese come sarà necessario per detto Francesco e come lui preferirà, affinché con detto denaro lo stesso Francesco possa provvedere al proprio vitto e vestiario e alle altre sue necessità che gli possano capitare e accadere, fino al completo pagamento perché così fu il patto e la convenzione tra detti padre e figlio ecc., e che risarcirà ecc. e manda dietro rogito con altre parole costitutarie e con esecuzione parata in forma. E tutte queste cose predette, padre e figlio promettono vicendevolmente di osservare inviolabilmente ed anche detto Gerio promise e promette che non appena sarà fatta da parte di detto Bonetto, non appena avrà raggiunta la maggiore età di anni diciotto, la soprascritta promessa di non molestare detto Gerio per detta pezza di terra e metà del fienile, come sopra è stato detto, darà e pagherà in base alla detta obbligazione stesa come sopra al predetto Francesco le soprascritte lire cento lasciate nelle mani di esso Gerio per sua cauzione come sopra; e non altrimenti se non compiute le cose predette detto Gerio sia tenuto né possa essere chiamato da detto Francesco né da altri al versamento di dette lire cento, e così padre e figlio contraenti furono e sono contenti e concordi sulle cose predette e rinunciarono ad ogni e qualsiasi eccezione, legge, beneficio ed a qualsiasi altra cosa in contrario che si opponesse alle cose predette; e per secondo notaio al rogito di questo presente istrumento di dato e vendita, di patti e promessa e di tutto ciò che in esso è contenuto, fu presente // e si sottoscriverà secondo la forma del diritto e degli Statuti di Bergamo il signor Pietrino Cassotti de’ Mazzoleni, notaio pubblico di Bergamo.
Mazzucotelli
All’inizio dell’ottocento Bernardo Mazzucotelli fu proprietario del mulino in Cafrago.
Moscheni
Possiamo dire, che il casato Moscheni fu il più importante ceppo delle famiglie di Valsecca, probabilmente anche uno dei più antichi della valle. Ricordiamo un certo Arnoldi Musche del Frontale (Rota Dentro) citato come vicino, di una pezza di terra, proprietà del vescovo di Bergamo, siamo l’anno 1188[43]. In quell’appellativo “Musche”, troviamo quello che somiglia all’etimologia del cognome Moscheni. Di questa famiglia derivano due altre: i Todeschini e i Gritti, famiglie arrivate fino ai tempi nostri, alle quali si aggiungono quelle sparite nel corso dei secoli come gli Amorosi, Bascheri, Cassini, Pizardi, Tonoli. Si deve prendere in conto anche la “sotto-famiglia” dei cosiddetti Schudellis[44]. Quest’appellativo (Scudelli o Scutelli) non è da interpretare come un luogo di vita o come un semplice soprannome in relazione a un mestiere, ma come un vero e proprio cognome. Un atto notarile del 1537[45] cita i testimoni presenti, che sono: Francesco figlio di Giovanni Maria; Marco fu Giovannino Schutelle; Giovannino fu Antonio Moro; Marco fu ser Zanino Tonoli; Bertramo figlio di ser Giovannino fu Simone Todeschino, ominibus de Schudellis de Moschenis.
Quest’ultime parole: ominibus de Schudellis de Moschenis = tutti Scudelli de Moscheni, sono tutti della famiglia dei Scudelli della più vasta parentela dei Moscheni.
Pagnioni
La prima notizia è di un certo Antonio Pagnono testimone nell’anno 1459, poi scarse informazioni fino l’anno 1560. Nel primo registro dei battesimi di Valsecca (inizio ‘600) non c’è tracce di questo casato, ha però alla particolarità di avere lasciato il suo nome alla contrada oggi chiamata Campagnone (Capagnone nel 1723).
Pesenti
L’anno 1723 vede Giovanni Antonio Pesenti come Console di Valsecca, ma nessuna nascita con questo patronimico nel primo registro battesimale di Valsecca (ca. 1620-1680).
Raselli
All’inizio del Quattrocento già troviamo i Raselli de Bolis in contrada Gromo in una pergamena[46] custodita in biblioteca A. Mai di Bergamo datata del luglio 1439, atto notarile rogato in casa di Vincenzo f.q. Arnoldo detto Raselli de Bolis. Sono riuniti i fratelli Arnoldo, Johannes, Pietro, Antonio e Zanni figli di Arnoldo d° Raselli de Bolis per la divisione del patrimonio familiare.
Ramo estinto all’inizio del Cinquecento.
Rasini
I Rasini come i Raselli sono una diramazione dei Bolis, anche loro in contrada Gromo, la loro presenza in Valsecca è accertata fino alla prima metà del Settecento.
Pietro Rasini de Bolis figura sull’Estimo del 1506 con i figli Arnoldo, Battistino, Vincenzo e Antonio. Due anni dopo questo Estimo nasce il figlio Francesco, che ritroviamo nel 1560 vivendo in Ferrara quando fa donazione a sui nipoti Tommaso e Giovanni Maria figli del fu Arnoldo suo fratello. Quel Tommaso (detto di anni 85) testimonierà l’anno 1600 presso don Orazio Peracchi, parroco di Valsecca e in quell’epoca, permetterà al notaio Benedetto Moscheni-Zanucchini[47] di ricostruire la genealogia della famiglia per tentare di risolvere problemi d’eredità.
Un discendente di questa famiglia sarà il reverendo don Francesco Rasini de Bolis. Abbiamo tracce del suo patrimonio ecclesiastico fatto l’anno 1706[48] quando era ancora chierico accolito, studente e alunno nel seminario di Bergamo. Fu il committente del quadro, oggi esposto nella sacristia nella chiesa di San Marco, che rappresenta la Madonna al Rosario e fu dipinto nel 1732 da Francesco Quarenghi di Rota Fuori.
“R.D. Franciscus Rasinus de Bolis F.F.
Raynaldi
Famiglia localizzata in contrada Campagnone (Chapagniono) nel Cinquecento.
Rota
All’inizio del Quattrocento distinguiamo tre famiglie Rota in Valsecca, tutte tre con delle evidenti radici in Rota Fuori, tutte tre hanno anche la particolarità di essere stabilite nelle contrade le più alte di Valsecca: Cornello, Quada e Capizzoli.
La prima che chiameremo i Rota “Ruggeri” al Cornello. Roggero o Ruggero, non fu un soprannome ma fu un secolo il nome che si succede generazione dopo generazione in questo casato. La stessa cosa fu per la seconda famiglia: Rota “Lafranchi-Filippi” stabilita alla Quada, queste due famiglie sono dette Guarinoni di Rota. La terza fu quella dei Bugada, già citata inizio del capitolo, originalmente chiamata Brignoli di Rota. Dunque Guarinoni e Brignoli sono antichissime famiglie oriunde di Rota Fuori, che hanno lasciato il nome a due contrade l’una vicino l’altra: Caguarinone e Cabrignoli.
Dei Rota della Quada non ci sono cambiamenti notevole nei luoghi, nel Seicento appare il soprannome dei detti Moletta. In cambio quelli del Cornello, certamente più prolifici, si spostano e vediamo i soprannomi cambiare. Nel Cinquecento una famiglia dal Cornello si sposta a Capizzoli, con loro appare il soprannome dei Bernardelli, poi i discendenti li ritroveremo a Càrevi Inferiore, insieme ad altri della loro parentela chiamati Chiechino (o Chiechetti). Dal Cornello un ramo si sposta a Camozzo, saranno i cosiddetti Siletti (Sili-Sil), poi chiamati Bendoni nel Settecento. Di quelli rimasti al Cornello conosciamo dalla metà del Seicento il soprannome dei detti Capeletti.
Dei Rota de Bernardelli di Càrevi conosciamo Antonio nato all’inizio del 1600 e detto corsiero (o corriero) su gli atti battesimali o certi documenti notarili, però non è uscito niente di più sul suo mestiere nei tantissimi rogiti consultati da noi. Sarà suo figlio poi suo nipotino che richiamano la nostra attenzione: i due notai Antonio Rota.
Antonio Rota nato nel 1641, ci lascia un interessante documento datato 1701[49]. Ci sono delle tensioni tra Venezia e il ducato Milanese al punto che il Podestà di Bergamo temeva un invasione del territorio a partire della Passata. Il rogito è un resoconto di un assemblea dei vicini, capi di famiglia di Valsecca. É riunito sulla piazza appresso alla chiesa di San Marco in pubblico e Generale Consiglio l’imponente numero di 61 uomini a fine di eleggere un Capitano direttore e difensore di questo Comune per le vergenze che soprastanno massime in queste contingenze di guerra e per la difesa di questo Comune e Patria …
Viene proposto ed eletto il Sig. Giovanni Maria f.q. Sig. Carlo Moscheni come Capitano.
Poi per Capitano-tenente il Sig. Pietro f.q. Silvestro Todeschini, per Alfiere il Sig. Giovanni Battista Moscheni, notaio. Per sergente Martino Bottana, per caporali Lorenzo Manzoni, Carlo Todeschini, Letanzio Moscheni, Bernardo Belli. E per Governatore di tutta la Compagnia, me Antonio Rota nodaro e in mancanza di me Antonio mio figliolo.
Questi incarichi militari non avvengano per caso, corrispondono ad una volontà dei vertici dell’amministrazione cittadina, Lo stesso giorno, 25 settembre, viene eletto capo della milizia Giulio q. Gaspare Locarini in Locatello all’unanimità dei 26 votanti, quattro giorni prima, il 21, la stessa elezione era avvenuta in Corna[50].
Una figura particolare fu quella di suo figlio, omonimo di suo padre Antonio anche lui notaio. Il figlio chiamato il Giovane, dagli archivisti, per distinguere del padre detto il Vecchio. Tra loro due abbiamo 76 anni d’archivi, 40 anni d’attività per il padre e 59 per il figlio! Al Giovane piace disertare e diversi testamenti rogati da lui comportano qualche versetto della Bibbia, ad esempio il testamento[51] di Giovanni Belli nel 1722, il rogito inizia così:
In Nomine Jesu Christi, ac S.S. cius Genetricis Maria semper virginis, quibus sit semper laus, onor et gloria, amen.
Il pazientissimo Giobbe[52] al decimo quarto, si avvisa che il vivere dell’uomo e breve, e colmo di tutte le miserie. Homo natus de muliere, brevi vivens tempore, repletur multis miseriis rassomiglia pure la vita umana ad un fiore, che spunta coll’aurora del giorno, bello, odorifero et soave et con il tramontar del sole svanisse, qui quasi flos egreditur, et arescit, et fugit velut umbra eodem statu permanet, perché si more infanti, si more giovanetto, adolescenti, si more in età virile, si more adulti, et nunqua in eodem statu. Verissimo e che statutus est semel’mori, ma non si sa né il dove, ne li quando, solus certum est quia moricis morir bisogna, però è colpo da sapiente prevenire la morte prima che lei prevenga, quia melius est prevenire, quam prevenirri.
Il detto notaio assume diverse cariche, nel 1736 era Cancelliere Generale della Valle più Deputato dall’Ecc. Consiglio di Venezia alla facitura dei conti che si fanno ogn’anno al Tesoriere Gen. della Valle quando si dimette di un terzo incarico: Tesoriere del comune di Valsecca.
Scutelli
Circa nel1630-40 l’appellativo sarà abbandonato a favore di Moscheni; per qualche decennio c’è un po’ di confusione negli atti notarili, a volta un tale è nominato Scutelli, poi da un altro notaio chiamato Moscheni.
Abbiamo rilevato una situazione familiare un po’ particolare che rivela infatti l’enorme mortalità delle donne, soprattutto durante il parto e nei giorni seguenti. Il rogito concerne Martino figlio di Giovanni Maria Scutelli de Moscheni, nato circa nel 1590, fa testamento il 9 settembre 1663[53]. Ha sette figli maschi, il maggiore Giovanni Maria vive separato dal padre già da 23 anni, il padre gli lascia una casa al Prabutè di Sant’Omobono. Sono due i fratelli di Giovanni Maria: Giovanni Battista e Giovanni Antonio concepiti con la prima moglie, Santa. Poi vengono Letanzio, Pietro e Giovanni Giuseppe nati da Cecilia la terza moglie, una quarta moglie sarà madre di Carlo Ambrogio, sono citate nel testamento altre sei figlie.
Giovanni Maria nipotino del testatore Martino sopracitato porta unicamente il cognome Moscheni è viene eletto, l’anno 1701, Capitano delle guardie per il comune di Valsecca (vedere capitolo della famiglia Rota).
Sibella
Questo casato discende dai Valsecchi, sopranominati Brioli, localizzati in contrada Camozzo a metà del Quattrocento. Bertramo detto Briolo figlio del fu Bonetto de Valsecchi appare come testimone[54] l’anno 1460. Dieci anni dopo troviamo i tre fratelli Antonio[55], Bonetto[56] e Pietro figli del detto Bertramo (deceduto) Brioli de Valsecchi. Infine questi tre fratelli sono detti figli di donna Sibella[57] figlia del fu Cresini de Manzoni, moglie del fu Bertramo olim Bonetto de Valsecchi.
Sarà Pietro il terzo dei fratelli sopracitati a confermare[58] che il nome Sibella di sua madre diventa un nuovo soprannome che poi sarà cognome. Da lui discendano i Sibella da noi ancora oggi conosciuti in Valsecca e Rota. Nel Seicento sono localizzati in contrada Cà. Giacomo Sibella, che abita a Cazanoglio, nel 1777 compra la metà del mulino e torchio della Foppa da Giovanni Battista Moscheni, per rivenderla 11 anni dopo a Paolo Barabani.
Todeschini
Il soprannome Todesco si ritrova in numerose famiglie nel Quattrocento, ma le famiglie di cognome Todeschini di Valsecca discendano dai Moscheni. A questo proposito è utile ricordare un precedente studio sul notaio Giovanni Giacomo Moscheni-Zanucchini, nel quale abbiamo citati i nobili Moscheni, originari di Valsecca, marchesi di Bergamasco e consignori di Castenuovo (Bormida). Il capostipite di questa famiglia sarebbe Tonolo figlio di Giovanni che fece testamento l’anno 1505; suo figlio Simone è soprannominato Todeschini (citato tra 1479 e 1496) stabilito in Cascutelli.
Più o meno nella stessa epoca vive Zuane Todescho de Moscheni citato nell’Estimo del 1476. Qualche decenni dopo appare il primo soprannome: Gazolo, poi i cosiddetti Potria, alla metà del Cinquecento viene il ramo dei Codoni in Cafarina, infine nel Seicento troviamo i detti Burini.
Tonoli de Moscheni
Appaino nella prima metà del Cinquecento e abitano in Cascutelli. Anche con questo patronimico abbiamo un esempio della complessità degli appellativi nella formazione dei cognomi, troviamo un certo Barono figlio di Giovanni Maria Zanini Tonoli tra i capi di famiglia in Valsecca l’anno 1569, poi lo vediamo nominato Barono Scudella nel 1575[59] per la visita detta di San Carlo Borromeo.
Valsecchi
Come i Rota, Mazzoleni o Locatelli, i Valsecchi hanno preso il nome del loro paese.
Lo storico Giuseppe E. Mozzi[60] rileva un certo Boni de Valsecchi de Valdimania l’anno 1427[61] nel libro Talea Civitatis al foglio n.48 in vicinia di San Michele de Puteo Albo (pozzo Bianco). Arriviamo adesso all’ascendenza errata rilevata per i nobili Daina (vedere paragrafo sulla famiglia). Negli archivi del notaio Zampaila[62] di Bergamo, anno 1427, troviamo un piccolo foglietto inserito nel registro tra i fogli 281 e 282 che attira la nostra attenzione con la scritta: 1427: 29 9bre atti Betino Zampaila – Bertramus S. q.m Zanni de Valsiccis de Valle Imania habitator vicinia S.to Andrea – 1787: 9 Maggio estratto pateat. Quella nota dimostra una ricerca fatta alla fine del secolo XVIII con lo scopo di dimostrare la presenza dei Valsecchi di Valle Imagna in città già nel secolo XV, probabilmente per ottenere “l’antica cittadinanza di Bergamo”, infatti in quel rogito appare Bertrami de Valdimania come tutore degli eredi del fu Simone Bresciani, in Bergamo. Un altro rogito del 6 febbraio 1430[63] vede lo stesso Bertramo de Valsecchi, sarto, testimone con suo figlio Giovanni sempre in contrada di S. Andrea. Numerosi rogiti della seconda metà del secolo XV descrivono i discendenti del sopracitato Bertramo stabiliti in contrada Cornasello, ma sempre nominati Valsichis de Valdimania con la menzione: civis Pergami, cioè cittadini di Bergamo.
Sul comune di Valsecca quello ad oggi che appare come il più anziano conosciuto di questo casato sarebbe Simone detto Ventaya de Valsecchi, nato circa nel 1380, padre di Bertramo e Zanini, quest’ultimo appare sull’Estimo del 1476, battilana che abita alla Quada.
Ricordiamo il frammento di un rogito notarile, senza data, firmato dal notaio Zanotus Marcheti de Valsecchis, che stimiamo della fine del Trecento o inizio Quattrocento, questo Marchetto padre di Zanotto sarebbe il più anziano antenato conosciuto oggi dei Daina.
Le ultime tracce del casato Valsecchi, che abita a Valsecca, sono sull’Estimo del 1506: Martino detto Cubelli de Valsecchi stimato Lire 1015, Giovanni f.q. Simone detto Todeschi de Valsecchi che abita a Camozzo, stimato Lire 647 e Simone figlio di Zanino detto Ventaya de Valsecchi della Fraccia, stimato Lire 90.
Peste del 1630
Lorenzo Ghirardelli (1600-1641)[64] cancelliere dell’Ufficio alla Sanità nel periodo del contagio (1630-1631) che sconvolge la bergamasca, ma particolarmente la valle Imagna, in una macabra contabilità ci rivela che Valsecca fu il meno colpito dall’epidemia dell’insieme dei comuni della valle. Sono 40 morti, “solo”, se possiamo dire, il 9% della popolazione, quando sono 98 in Rota Dentro, cioè 70% degli abitanti, Rota Fuori: 208, il 66%. Questi vuoti nei paesini della valle genereranno lo spostamento di numerose famiglie.In una ventina d’anni dopo il contagio vediamo numerose famiglie di Valsecca colonizzare gli spazi liberati.
Bartolomeo Baracchi si stabilisce in Bedulita, circa nel 1645.
Bartolomeo Bugada in Locatello circa nel 1648, Pietro Bugada in Rota Fuori circa nel 1652.
Stefano Cornali in Locatello circa nel 1645.
Cristoforo Daina alla Torre di Rota Fuori circa nel 1645.
Sebastiano e Andrea Gritti in Rota Dentro circa nel 1633.
Francesco Mazzoleni in Bedulita circa nel 1637 e suo fratello Giovanni Maria in Locatello circa nel 1640.
Martino Scudelle in Rota Fuori circa nel 1632.
Giovanni Battista Sibella in Bedulita circa nel 1635.
I fratelli Giovanni Maria e Rocco Todeschini in Berbenno circa nel 1655.
Sul significato del toponimo Valsecca
Dizionario di toponomastica bergamasca e cremonese – Pierino Boselli – 1990 – Biblioteca dell’Archivum Romanicum. Secca e secco derivano dal latino siccus e si riferiscono alla natura del terreno. Difatti, terreni asciutti, arsi, aridi, abbruciati, a brugo, sono presenti non solo in zone percorse da corsi d’acqua, ma addirittura lungo i fiumi. Valsacco (monte presso Castione della Presolana), nella seconda parte del nome si legge la voce sacco, che in toponomastica ha i significati di “insenatura di corso d’acqua” e di “via o valle senza uscita”. Il monte avrà preso il nome da una “valle senza uscita”.
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[1] Il Monastero Vallombrosano del Santo Sepolcro di Astino in Bergamo – Maddalena Fachinetti Maggi e Vincenzo Marchetti – Ateneo di Scienze, Lettere e Arti di Bergamo – Fonti 4 – 2013.
[2] Cittadino d’Asti, al governo d’Astino per 31 anni (1128-1158).
[3] Cittadino veronese, abate per 27 anni (1159-1185).
[4] BCM – Pergamene – n.1336, 1536, 1515, 680, 1542, 578, 659.
[5] Sono citati ugualmente gli eredi di Zambelli Butene, anche Vitalis Butene
[6] Sopra l’attuale agriturismo Scuderia della Valle.
[7] Rotolum Episcopatus Bergomi, 1258 – Foglio n.37 – Archivio della Curia Vescovile di BG – Trascrizione a cura di Don Angelo Rota, pubblicata da Enrico Pezzoli.
[8] Già a metà del Trecento valsicca e gromanzono pagano Lire tre alla Pieve di Almenno di rendita annuale, tra le terre sottomesse al censo c’è prato butene – Madonna de Castello, Almenno – La Pieve – Paolo Manzoni, 2006, pagine 162 e 170. In Rotolum Decimarum Leminis – 1353 (Arch. Parr. Almenno S.S.).
[9] BCM – Estimi – 117, class. 1.2.16 – 116 – Valsecca 1476
[10] A partire del 1637 Falghera farà parte di Mazzoleni.
[11] Come vedremmo più avanti Zuane (Giovanni) è figlio del notaio Zanotto Valsichis.
[12] Guglielmo Rosetto de Zambelli Rota figlio di Manzino, proprietario a Bergamo in S.Michele al Pozzo, nel borgo di S.Andrea, fa testamento nell’anno 1504, dove lega al convento di S.Agostino di Bergamo un fitto perpetuo di Lire 30 imperiali annuali per una messa quotidiana al suo altare dedicato a S. Giovanni Battista (poi diventato S. Giuseppe de’ Falegnami), costruito a spese sue l’anno 1500 nella chiesa di S.Agostino. Il fitto annuale fu affrancato per la somma di Lire 800 nell’anno 1530, dalla moglie Ludovica Tasso e nipoti, con la vendita di due terreni in Bagnatica. Generalmente le famiglie Zabelli, arricchite, nobilitate, stabilite in varie città venete, abbandoneranno il loro patronimico originale conservando soltanto “Rota” di cognome, legati nel bergamasco per matrimonio con i più grandi casati come i Tassi, Bagnati, Calepio. In: Società, cultura, luoghi al tempo di Ambrogio da Calepio – Ateneo di Scienze, L. e A. di Bergamo – G.Petrò, p.174 – In ASB: “Indice de’ libri, e scritture dell’archivio del V. Convento di Sant’Agostino di Bergamo”.
[13] Figlio di Antonio, mercante stabilito in Bergamo, borgo Sant’Antonio, ottiene la cittadinanza l’anno 1476. Appare soprattutto sull’Estimo di Locatello sempre nell’anno 1476, lì sono tantissimi quelli indebitati verso di Lui.
[14] BCM – Estimi – 1448, estimo 14 class. 1.2.16 – 14. Vicinia di Sant’Alessandro della Croce.
[15] Non abbiamo le superfici di 25 di questi appezzamenti di terra.
[16] Battilana, lavorante la lana, mercante di pannilana e sarti.
[17] Cazularo, fusaro, bisolaro, scudelaro, maestri de: cazuli, cugari, bisoli, scudelli.
[18] BCM – Estimi – 130 class. 1.2.16 – 129 – Valle Imagna 1506, sola sponda destra dell’Imagna.
[19] ASB – Archivio notarile – Notaio Tonolo Rota, filza n.390, atto n.197.
[20] ASB – Archivio notarile – Notaio Tonolo Rota, filza n.390.
[21] ASB – Archivio notarile – Notaio Giovanni Moscheni-Zanucchini, filza n.860, rogito n.225.
[22] ASB – Archivio notarile – Notaio G.G. Moscheni-Zanucchini, filza n.1740.
[23] ASB – archivio notarile – not. Francesco Rota-Chiarellis filza 6730, atto n.266 del 26 febbraio 1689.
[24] ASB – Archivio notarile – filza n.7633, n.8.
[25] ASB – Archivio notarile – Notaio Francesco Quarenghi.
[26] In quell’epoca un Filippo vale Lire 11:2.
[27] Antichità Bergamasche in BCM
[28] ASB – Archivio notarile – Notaio Tonolo Rota, f.390.
[29] Abitavano la contrada omonima Cabrignoli di Rota Fuori. Secondo Antonio Tiraboschi Brignòl o Spi brignòl è una parola tipica della valle Imagna designando le piccole prune salvatiche, Brögnì, Sösina. In: Vocabolario dei dialetti bergamaschi antichi e moderni – Bergamo 1873.
Brignùl: brugnolo. Ab. G.B. Angelini – Vocabolario Bergamasco Italiano Latino.
[30] Frér = fabbro ferraio.
[31] ASB – Archivio notarile – Notaio G.G. Moscheni-Zanucchini, filza 1737, il martedì 9 ottobre 1537, dividano Stefano q. Castelli Cassinelli de Manzoni da una parte e Silvestro q. Michele olim il sopradetto Castello.
[32] Casì: vaccaro, guardiano delle vacche (v. Brembana S.).
[33] ASB – Archivio notarile – Notaio Rota Antonio, il Vecchio, filza 7632, n.30, il 17 aprile 1693.
[34] Questo Bertramo, sarto, è figlio di Zanni, detto de Valsecchi de Valdimania, abitando (1427) Bergamo nella vicinia di Sant’Andrea.
[35] Questo frammento di carta serve di copertina alla rilegatura di un registro del notaio Giovanni Moscheni-Zanucchini, filza n. 859 (anni 1481-1500)
[36] In particolare un rogito notarile del giugno 1471 nel quale appare come testimonio Giovanni detto Dayna f.q. Ser Zanoti not. de Valsecchi, l’abbreviazione “not.” per notaio.
[37] Nato a Valsecca il 28 giugno 1630, figlio di Cristoforo della Frata (Fraccia) e di Lucia figlia di Bernardo Rota detto Goioni de Càrevi.
[38] Nato a Valsecca il primo dicembre 1638.
[39] ASB – Archivio notarile – Notaio Rota Antonio, Giovane, filza 7609.
[40] ASB – Archivio notarile – Notaio Rota Antonio, il Vecchio, filza n.7634, atto n.30.
[41] Nei numerosi contratti trovati negli archivi del notaio Francesco Quarenghi di Rota Fuori (nonno del famoso architetto Giacomo), per la fornitura di carbone (di legna) fanno vedere dei prezzi molto variabili. Supponiamo che i sacchi fossero sempre della stessa misura, dunque dello stesso volume, tuttavia si capisce che le cose non erano del tutto semplici: un contratto del 1723 precisa che il sacco doveva fare pesi 18 di pesa di Bergamo (un peso = 0,81 kg, dunque un sacco doveva pesare all’incirca 14,58 kili)
Nel 1721, il sacco è venduto L. 3 (per la fornitura di sacchi 39, è precisato: con legna di faggio)
Nel 1723, il sacco è venduto L. 2:15 (per la fornitura di sacchi 100)
Nel 1728, il sacco è venduto L. 4:06 (per la fornitura di sacchi 57)
Nel 1729, il carbone è venduto soldi 6 e mezzo al peso. (circa L. 5:15 il sacco, è precisato, in quest’ultimo caso, che il carbonaio deve consegnare i sacchi fino Rota Dentro).
[42] ASB – Archivio notarile – Notaio Rota Antonio, il Vecchio, filza n.7633, n.10, il lunedì 8 febbraio 1700.
[43] Rotolum Episcopatus Bergomi, 1258 – Foglio n.37 – Archivio della Curia Vescovile di BG – Trascrizione a cura di Don Angelo Rota, pubblicata da Enrico Pezzoli.
[44] G.E.Mozzi nella sua Antichità Bergamasche segna i fratelli Bertrame e Venturino figli del fu Zinini de Scudelari de Valdimania, siamo l’anno 1386.
[45] ASB – Archivio notarile – Notaio Gio. Giacomo Moscheni-Zanucchini, testamento del 7 settembre 1537, di Bertrame fu Antonio Todeschini di Valsecca.
[46] BCM – Collezione pergamene, n.948.
[47] ASB – Archivio notarile – filza n.3211.
[48] ASB – Archivio notarile – notaio Francesco Moscheni, f.5386, n.45, il 28 maggio 1706.
[49] ASB – Archivio notarile – Notaio Antonio Rota il Vecchio, f.7633, n.26, della domenica 25 settembre 1701.
[50] ASB – Archivio notarile – Notaio Antonio Gervasoni, filza n. 6045, atto del 21 settembre 1701. Giuseppe f.q. Marcantonio Berizzi della Roncaglia di Corna viene eletto capo incaricato di ricevere e custodire i munizioni da guerra dalli aspettabili Antiani dell’Vall’Imania, et quelle distribuire à huomini di detti Comuni, quali saranno eletti, et conosciuti habili, al qual capo che resterà eletto doveranno anco obbedire in ogni occorenza per defendersi dalle scorerie delle Armate Tedesche et Francese, come anco in caso di passaggio, ad accompagnar le militie delle Armate sud.e per la nostra Valle, et Confini (…) ricevere li ordine dall’Illu.mo Sig. Dottor Olmo Capo Generale della med.ma Vall’Imania.
Per il Comune di Corna, furono proposti alla detta carica di capo degli uomini d’armi, Giovanni Locatelli q. Giacomo, Bernardo Locatelli, Giuseppe Locatelli q. Francesco, Morando Berizzi e Giuseppe Gnecchi q. Carlo. Viene dunque eletto il detto Giuseppe Berizzi con voti favorevoli n.21 e contrari n.8.
Sullo stesso tema il notaio Giovanni Battista Gervasoni riporta nelle sue filze (n.8760) la nomina delle guardie che devono sorvegliare la frontiera al confine di Rota Dentro, siamo nel 1714, sono convocati gli uomini tra i 18 e 60 anni. Per il comune di Locatello un calendario prevede sei giorni di guardia tra il 7 e il 12 del mese di marzo; due squadre di quattro uomini sono previste ai caselei del Chignolo e l’altro in valle Vanzarolo, alla testa di questi uomini è nominato il sopraddetto Giuseppe Berizzi.
[51] ASB – Archivio notarile – Notaio Antonio Rota il Giovane, f.7608, n.36, il 10 marzo 1722.
[52] Giobbe 14, 1-12 – L’uomo, nato di donna, breve di giorni e sazio di inquietudine, come un fiore spunta e avvizzisce, fugge come l’ombra e mai si ferma. Tu, sopra un tal essere tieni aperti i tuoi occhi e lo chiami a giudizio presso di te? Chi può trarre il puro dall’immondo? Nessuno. Se i suoi giorni sono contati, se il numero dei suoi mesi dipende da te, se hai fissato un termine che non può oltrepassare, distogli lo sguardo da lui e lascialo stare finché abbia compiuto, come un salariato, la sua giornata! Poiché anche per l’albero c’è speranza: se viene tagliato, ancora ributta e i suoi germogli non cessano di crescere; se sotto terra invecchia la sua radice e al suolo muore il suo tronco, al sentore dell’acqua rigermoglia e mette rami come nuova pianta. L’uomo invece, se muore, giace inerte, quando il mortale spira, dov’è? Potranno sparire le acque del mare e i fiumi prosciugarsi e disseccarsi, ma l’uomo che giace più non s’alzerà, finché durano i cieli non si sveglierà, né più si desterà dal suo sonno.
[53] ASB – Archivio notarile – Notaio Giovanni Antonio Farina-Manzoni, f.4131, n.21.
[54] ASB – Archivio notarile – Notaio Rota Tonolo, f.390.
[55] Sull’Estimo del 1476 Antonio è detto di anni 44, venditore di cazuli e cugari.
[56] Bonetto di anni 34 è battilana nel 1476.
[57] ASB – Archivio notarile – Notaio Andreolo fu Antonio Pellegrini, f.388, vol.1466-1474.
[58] Pietro Sibella abitando Camozzo è stimato Lire 405 l’anno 1506, abbiamo trovato un codicillo al nome di Pietro Sibella de Valsecca (cosi scritto nella rubrica e nella margina del rogito), poi nel testo dell’atto notarile è detto Pietro f.q. Bertramo Brioli de Valsecchi. Legando a sui figli: Bartolomeo d°Bertola, Giovanni Antonio e Sebastiano. In ASB, notaio Alberto Battista Massi Arrigoni, f.2112, anno 1525.
[59] Sindaco della Schola Corporis Christi.
[60] Antichità Bergamasche – BCM.
[61] Ci sono tracce ancora più antiche dei “Valsecchi”, ma con origine indeterminate, ad esempio, dei fratelli Martino e Pietro detti Golta figli del fu Giovanni de Valsicha che abitano a Lombardo Superiore e che fanno contratti con Ruggero f.q. Raimondo di Strozza de Valdimania, citati l’anno 1355. ASB – Archivio notarile – Notaio Simone de Pilis, f.75e.
[62] ASB – Archivio notarile – Notaio Bettino Zampaila fu Anfredino, f.130, 1426-1427, n.281.
[63] ASB – Archivio notarile – Notaio Antonio (da) Redona fu Lorenzo, f.204, n.175.
[64] Storia della peste del 1630 – Lorenzo Ghirardelli. – Archivio Storico Brembatese – 1974 / p.162