La chiesa di San Siro a Rota d’Imagna nelle fonti storiche

 Giuseppe Ge

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La chiesa di San Siro di Rota Fuori si distingue dalle altre chiese della valle Imagna per la sua posizione. Posta su un alto sperone roccioso controlla, con il suo alto ed inconfondibile campanile notevolmente distaccato dalla chiesa, l’intero paese e buona parte della vallata. L’attuale edificio in stile neoclassico è il frutto della totale ricostruzione, voluta da Don Giovanni Quarenghi, nel 1724 e terminata, come indica la lapide sulla facciata nel 1765[1], mentre l’elegante e caratteristico portico, originale nella forma e soluzione architettonica, fu completato solo alla fine del XVIII secolo[2]. Della chiesa più antica non conosciamo l’anno di fondazione e neppure l’anno di istituzione della parrocchia. I documenti più antichi, finora noti, risalenti al XIV secolo, riguardanti le chiese della valle Imagna, non menzionano l’esistenza della parrocchia nè la presenza di una chiesa[3]. E’ probabile che la parrocchia di San Siro e di San Gottardo sia stata istituita nel corso della prima metà del XV secolo quando i vescovi di Bergamo Aregazzi, Foscari e Barozzi fondarono più di venti parrocchie nelle aree della valle Brembana e Imagna[4]. Il primo parroco di cui si ha notizia è Nicola di Rota, ricordato in una lettera del Vicario generale del Vescovo al console e abitanti di Rota datata 1524[5]. Malgrado il silenzio della fonti scritte, l’esistenza di un edificio religioso di modeste dimensioni, o di una cappella almeno dalla metà del Trecento è documentata dalla data, incisa su una pietra di rimpiego murata capovolta, posta sopra il portale orientale della sacrestia[6]. Sulla superficie della pietra, nonostante la forte abrasione, all’interno di una semplice cornice si distinguono chiaramente la lettere MCCC LIII incise con la tipica forma tondeggiante del periodo tardo gotico indicanti l’anno 1353 (Figura 1). Malgrado non sia nota l’originaria posizione e non sia possibile stabilirne la funzione, risulta certa la provenienza dalle mura dell’antica chiesa. La lapide rimane il più antico reperto e, unita agli affreschi e ad una piccola statua in pietra, anche l’unica testimonianza materiale ancora visibile, del precedente edifico.

lapide

 

 

Figura 1. Lapide murata sul portale orientale della chiesa di San Siro proveniente del vecchio edificio. L’iscrizione, girata, riporta in caratteri gotici le lettere CC e la data MCCCLIII.

 

Dato l’esiguo numero dei dati materiali, sono le fonti scritte i documenti più preziosi per ritrovare informazioni sulla vecchia chiesa. Le più antiche descrizioni della parrocchia di San Siro sono contenute nelle visite pastorali del XVI secolo effettuate dal Vescovo Pietro Lippomano[7] e dal Cardinale Carlo Borromeo[8]. Pietro Lippomano definisce la chiesa “satis pulchra” e San Carlo aggiunge che era “sufficientemente ampia per il numero della popolazione, decorata, ricca di pitture e con cinque altari”. Dalla lettura delle due visite pastorali possiamo ricostruire, in linea di massima, l’aspetto della chiesa di San Siro che si presentava ben diversa da come appare oggi. L’edificio sorgeva, come l’attuale, in cima ad un’altura in un’area nota con il toponimo di Castello notevolmente distaccata dal campanile[9], ed era orientato con l’altare rivolto a Est e la facciata ad Ovest[10]. L’ingresso principale avveniva da un grande portale posto sul fianco della chiesa rivolto a settentrione, ancora oggi visibile, ed era preceduto, come in molte chiese delle valli bergamasche, da un portico. Dalla descrizione del Vescovo Lippomano, possiamo apprendere che l’interno della chiesa era piuttosto grande, adatto ad un numero di fedeli attorno alle quattrocento persone e si presentava nella tipica forma delle chiese costruite tra XIV e XV secolo: ad aula unica con l’altare maggiore nel presbiterio coperto da un’ampia volta. Vi erano altri quattro altari e lungo le pareti si aprivano due cappelle: la più piccola dedicata a Sant’Antonio Abate, la più grande conteneva un’icona composta da diverse figure in legno dorate tra cui si riconosceva al centro San Siro. L’architettura, molto semplice, era arricchita, come in molte chiese coeve, da affreschi che ricoprivano la volta del presbiterio e le pareti della cappella di San Siro. Anche il portico esterno era arricchito, come si vede ancora oggi, da affreschi. Un manoscritto inedito, recentemente ritrovato da Aquilino Rota presso l’Archivio Parrocchiale, datato 1748 opera di Don Domenico Pelaratti si è rivelata la fonte più ricca di particolari per ricostruire la storia della parrocchia[11]. Il testo intitolato Memorie antiche della Parochia di Rota in poche righe sintetiche e schematiche, ci fornisce informazioni preziose e sconosciute sulla storia dell’edifico[12]. Tre sono i dati più interessanti che si ricavano dal testo. In primo luogo si ricorda come l’edificio originario sia stato ingrandito e decorato nel 1470 con affreschi eseguiti da Giovanni Marinoni pittore originario di Desenzano frazione di Albino di cui Don Pelaratti riporta l’iscrizione posta sopra la porta della sacrestia: 1470 Die 20 Mensis Septembris. Ego Joannej filius magistri Antonii de Marinonibus de Desenzano pinxi hoc opus. Questa preziosa testimonianza, non solo permette di colmare un vuoto nell’attività di Giovanni Marinoni tra il 1465 e il 1473, ma è l’unica traccia di una sua attività in Valle Imagna e risulta la prima firma, finora nota, del maestro albinese[13]. I motivi che spinsero il giovane pittore Giovanni a decorare l’interno della chiesa di Rota non sono ricostruibili, ma certamente derivano dai forti legami che in quegli anni Albino aveva con la valle Imagna come ampiamente dimostrato dalla presenza di numerose famiglie di origine valdimagnina nel capoluogo seriano[14]. Purtroppo gli affreschi andarono perduti nella ricostruzione dell’edifico e possiamo solo ipotizzare che decorassero l’intera volta della cappella grande e l’arco santo, secondo un modello iconografico diffuso in area bergamasca durante il XV secolo[15]. Don Pelaratti prosegue la sua memoria ricordando gli affreschi esterni della facciata dove leggeva, sopra la figura, non più visibile, di San Cristoforo la seguendo iscrizione: Anno Dni Chr. 1506 Die 7 mensis Maij. Data che potrebbe ben raccordarsi con gli affreschi ancora visibili del fianco nord della chiesa. Don Domenico ci ricorda, inoltre, l’anno della consacrazione della chiesa, il 10 Giugno 1511, e la presenza alla cerimonia dell’allora Vescovo di Capodistria il bergamasco Bartolomeo Assonica[16].

 chiesa S

Particolare dell’affresco di Antonio Sibella all’interno della chiesa che raffigura la chiesa di San Siro come appariva prima degli interventi di ricostruzione del piazzale nel Novecento.

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[1] La presenza di una seconda lapide, posta sopra il portale a oriente recante l’incisione MCCDL, permette di datare al 1750 il completamento del corpo dell’edifico e di porre quindici anni dopo la realizzazione della facciata. Durante il XVIII secolo si assiste in tutte le valli bergamasche, alla ricostruzione o al restauro di quasi tutti gli edifici sacri. Ogni comunità ricercò architetti e materiali pregiati, impegnandosi in lunghe e costose opere di ricostruzione che a volte, come accade anche per Rota Fuori, durarono diversi decenni.

[2] L’epoca di datazione del portico si ricava dalla lettura della relazione curata dal parroco Don Gaspare Mazzoleni, in occasione della visita pastorale del Vescovo Gian Paolo Dolfin nel 1779, nella quale si accenna all’inizio di lavori per la costruzione di un portico al fine di riparare la facciata della chiesa. ASCVBg, Atti visita Dolfin, vol. 101, c. 98.

[3] La particolare dedicazione a San Siro, primo vescovo di Pavia, il cui culto fu promosso durante il regno longobardo tra VII e VIII, per sostenere la piena conversione alla chiesa cattolica, ha fatto ipotizzare, in passato, una fondazione risalente all’altomedioevo, tuttavia la chiesa non è presente nell’elenco delle duocentotredici chiese parrocchiali citate nella Nota Ecclesiarum Civitatis et Episcopatus Bergomi, attendibile quadro della diocesi di Bergamo del 1360. Mentre un atto notarile, inedito, datato 14 Settembre del 1355, citando un documento precedente del 1347, riporta la giurisdizione, sotto  la  parrocchia della chiesa di San Omobono delle contrade  de rotha, de zipino, de bedolitha, de gromanzano, de valsicha et de locatello. ASBg, Atti Simone Pilis, 14 settembre 1355, f. 171. Cfr. CHIODI, BOLIS 1957, p. 70; MANZONI 1988, p. 109.

[4] MANZONI 2006,  pp. 119-124. Per un quadro generale sulla evoluzione delle istituzioni ecclesiastiche nella bergamasca  cfr. PESENTI 2003.

[5] APR,carteggio.

[6]La storia del ritrovamento di questa lapide incisa è interessante.  Tra il 1741 e il 1769, durante i lavori di ampliamento della chiesa di San Siro, l’allora parroco Don Domenico Pelaratti scrisse una lettera al conte Paolo Vimercati Sozzi, noto culture di storia del territorio bergamasco, per segnalare il rinvenimento di una lapide nei muri dell’antico edificio recante l’anno di fondazione della chiesa di San Siro. Nella Biblioteca Angelo Mai è conservata la nota autografa del Conte Vimercati Sozzi che riporta  la trascrizione di  Don Pelaratti,  che, forse a causa del cattivo stato di conservazione dell’iscrizione, trascrisse e ricopiò il testo al rovescio interpretandone i caratteri, non senza difficoltà, come I IND DCCIII I.N.D. con il significato di Prima Inditione 703 ad Incarnationis Domini. BCBg, Miscellanee Vimercati Sozzi, I, G, 4249. Nel Dicembre del 2003, in occasione di un convegno di studi su San Siro, Aquilino Rota ha correttamente osservato che la lapide fu murata capovolta, proponendo la data 1353. APR, le dedicazioni romaniche a San Siro; Crf. Anche MANZONI 2006, p. 80.

[7]ASCVBg, Atti visita Lippomano, vol 5, c.180 r-v. Pietro Lippomano, vescovo di Bergamo, visitò la chiesa di San Siro il 10 Ottobre 1538. Si tratta della più antica e completa descrizione della chiesa di San Siro e riporta il nome di Antonio de Scordelis, parroco di San Siro dal 1538 al 1550. Ringrazio Giampiero Tiraboschi per la trascrizione e traduzione dell’originale.

[8]San Carlo non visitò la chiesa di San Siro di persona, ma fu l’Abate Ottavio Forrerio a recarsi a Rota Fuori il 14 Ottobre 1575.  Esistono due traduzioni della visita: una prima, più sintetica, a cura di Angelo Giuseppe Roncalli, il futuro Papa Giovanni XXIII; una seconda più dettagliata ed inedita tradotta da Don Giacomo Locatelli nel 1974. Cfr, Atti Visita Borromeo, vol. VII, p. 809; APR, Visita Pastorale Cardinale Borromeo, materiale per la storia della Parrocchia.

[9]In un atto notarile del 1732, la località posta sotto il campanile, anticamente casa del curato, è detta Castello. Osservando come il campanile, sopraelevato nell’ Ottocento, sia posto in posizione più elevata delle chiesa, si può ipotizzare che possa sorgere sui resti di un’antica torre di controllo. Ringrazio Robert Invernizzi per l’interessante segnalazione.

[10]Nell’affresco di Antonio Sibella all’interno dell’attuale edificio che rappresenta la presentazione della chiesa di San Siro alla Vergine, datato 1882 si nota chiaramente la conformazione orografica del monte su cui sorge la chiesa e i grandi archi artificiali che ne sostengono la struttura.

[11]APR, Memorie antiche, materiale per la storia della Parrocchia.

[12] Il testo presenta due facciate, la prima scritta dal parroco Pelaratti in cui in modo schematico anno per anno viene riassunta la storia della chiesa, nella seconda si trova la sequenza dei parroci a partire dal 1563 al 1881. Si riconosco oltre alla grafia di Don Domenico quella dei successori, Don Pietro Bugada e Don Pietro Finazzi. Nell’archivio parrocchiale è custodita anche una trascrizione del manoscritto  datata 1969 ad opera di Don Todeschini.

[13] Gli affreschi di Rota precedono di tre anni  il ciclo eseguito per la chiesa di San Giacomo di Somendenna in Valle Brembana, considerato  fino ad ora, il primo intervento pittorico noto dell’artista, e del quale rimangono solo fonti scritte. ROSSI 1989, p. 383. Su Giovanni Marinoni e sull’attività della sua bottega, tra le più importanti ed attive nella bergamasca tra anni ‘50 e ‘90 del XV secolo, cfr. PARATICO 2008.

[14] Ad Albino nel 1476 risiedevano due famiglie di mercanti di lana originarie di  Locatello, l’una facente capo ad Antonio detto Zuchino figlio di Alberto Bruno, l’altra ad Antonio di Giovanni figlio di Tonino Tuffi che risultano essere le più ricche del paese, con beni sparsi in tutta la Bergamasca e con forti crediti che fanno pensare alla pratica del prestito su interesse. Devo la preziosa segnalazione a Franco Innocenti e a Giampiero Tiraboschi autore della trascrizione dell’Estimo del 1476. BCA, Estimo di Albino 1476, pp. 143-148.

[15] A titolo di esempio ricordo la decorazione perduta dell’abside della chiesa di san Giacomo di Somendenna, eseguita da Giovanni Marinoni pochi anni dopo quella di Rota, nel 1473. Essa comprendeva le figure di Dio Padre, dei Dottori della chiesa e degli Evangelisti; sulla volta e sulla fonte dell’arco vi era una Annunciazione con  le aureole dei santi in oro. Cfr. PARATICO 2009, p. 20.

[16]1511 die x junii consacrata fuit Ecclesia S Syru per B.D.A. Epus Justinopolitana.. L’anno era già noto a Luigi Pagnoni, il quale lo riporta correntemente ma non conoscendo l’originale, riporta l’errore di trascrizione di Don Todeschini, il quale, confondendo il nome della diocesi di Capodistria, anticamente detta Giustinopolitana, cita un inesistente vescovo Giustino Politano presente alla cerimonia. Cfr. PAGNONI 1979, p. 308.

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Elenco abbreviazioni

ASBg, Archivio di Stato di Bergamo

ASCVBg, Archivio Storico Curia Vescovile di Bergamo

APR, Archivio Parrocchiale di Rota Imagna

BCA, Biblioteca Comunale di Albino

BCBg, Biblioteca Civica Angelo Mai di Bergamo

 

Fonti Inedite

ANGELINI G. B., Delle Parrochie e de Parrochi della città e Diocesi de Bergomo, BCBg.

Atti Simone Pilis, Atti fondo notarile Simone Pilis fu Pietro 1353-1360, ASBg, Notarile, n. 75.

Atti visita Dolfin, Atti della visita del vescovo Giovanni Paolo Dolfin, 1778-1781, ASCVBg, Visite pastorali, voll. 76-108.

Atti visita Lippomano, Atti della visita del vescovo Pietro Lippomano, 1535-1538, , ASCVBg,Visite pastorali, voll. 2-6.

Estimo di Albino 1476, Estimo veneto del Comune di Albino: anno 1476, trascrizione a cura di Giampiero Tiraboschi, BCA.

Le dedicazioni romaniche a San Siro, Le dedicazioni romaniche a San Siro. Atti del Convegno di Studio  6 Dicembre 2003, a cura di A. Rota, APR, Fondo storia, Cronicon 1, materiale per la storia della Parrocchia.

Memorie antiche, Memorie antiche della Parochia di Rota estratte da me Domenico Pelaratti da diversi manoscritti e stampe, APR, Fondo storia, Cronicon 1, materiale per la storia della Parrocchia.

Miscellanee Vimercati Sozzi, Miscellanee varie, archivio conte Paolo Vimercati Sozzi, BCBg, Archivio  famiglia Vimercati Sozzi.

Visita Pastorale Cardinale Borromeo, Relazione visita apostolica  di Carlo Borromeo alle chiese della pieve di Almenno Chiesa parrocchiale di San Siro Rota Fuori 14 Ottobre 1575, APR, materiale per la storia della Parrocchia.

 

Fonti Edite

Atti visita Borromeo, Gli atti della visita apostolica di S. Carlo Borromeo a Bergamo 1575 a cura di A.G. Roncalli, Firenze.

CHIODI L., BOLIS A. 1957, Nota Ecclesiarum Civitatis et Episcopatus Bergomi 1360, in Bergomum: bollettino della civica biblioteca, a. 51, n.1, Bergamo, pp. 39-89

MANZONI P. 1988, Lemine dalle origini al XVII secolo, Almenno San Bartolomeo (Bg).

MANZONI P. 2006, Madonna del Castello. La Pieve, Almenno San Bartolomeo (Bg).

PAGNONI L. 1979, Chiese parrocchiali bergamasche: appunti di storia e arte, Bergamo.

PARATICO C. 2008, La bottega Marinoni : XV-XVI secolo, Azzano San Paolo (Bg).

PESENTI A. 2003, L’organizzazione diocesana in Le fasi antiche del territorio. La Lombardia Orientale tra Adda e Oglio, a cura di P.M. DE MARCHI e L. PAGANI, Bergamo, pp. 45-51.

ROSSI F. 1989, Giovanni Marinoni e la sua bottega, in I Pittori Bergamaschi. Il Quattrocento vol. 1, pp. 383-409,  Bergamo.

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