Un passato da scoprire

Rubriche del notaio G.G. Moscheni-Zanuchini

serratura

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Giovanni Giacomo Moscheni-Zanuchini, notaio di Rota

La sua attività, i suoi clienti (1532-1599)

 

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Abbreviazione utilizzate:

ASB: Archivio di Stato di Bergamo

BCM: Biblioteca Civica A. Mai di Bergamo

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Il seguente studio nasce da un altro progetto ancora più ambizioso: fotografare tutte le rubriche dei notai dell’alta valle Imagna, è dunque nel corso di queste riprese fotografiche che è nato l’interesse di approfondire l’attività di un singolo notaio. Chi vuole indagare sulla storia della valle, ripercorrere i tortuosi sentieri delle vicende valligiane o semplicemente ricostruire le genealogie delle famiglie, dopo la consultazione degli archivi parrocchiali arriva a quelli notarili. Parlando dell’alta valle Imagna, globalmente gli archivi parrocchiali iniziano negli anni intorno al 1630, eccezion fatta per quelli di Rota che partono dal 1563. Per una ricerca genealogica e risalire indietro nel tempo, gli atti dei notai costituiscono fonti preziose che rivelano il quadro dei nuclei familiari, i nominativi e i luoghi delle successive generazioni.

Avere a disposizione le foto di queste rubriche significa, oltre a risparmiare tempo, avere uno strumento unico che permette, senza necessariamente vedere gli atti, di ricomporre gli strati generazionali di una stessa famiglia, capirne l’attività lavorativa, farsi un’idea della posizione sociale di certi individui e in qualche modo ricostruire la loro fisionomia economica. Lo studio delle nostre radici conduce inevitabilmente agli archivi notarili, ogni ricercatore prima o poi consulterà i volumi rilegati contenenti gli atti ritracciando gli avvenimenti particolari della vita dei nostri antenati. Memoria viva delle vicissitudini del passato, le filze notarili costituiscono un insieme di elementi fondamentali per capire la vita interna di una comunità, il comportamento di certi individui, la loro forma di sussistenza, la fruttificazione e la trasmissione del loro patrimonio. Doti e testamenti rappresenteranno nel corso dei secoli l’evoluzione della società ed evidenzierà il posto delle donne; le vendite e le locazioni spesso fittizie riflettono l’anacronismo dell’uomo di fronte ai suoi bisogni o di fronte alla religione. La gestione delle terre e del bestiame, la loro vendita, gli affitti o soccide, saranno per secoli per i più umili la sopravvivenza, ma saranno investimenti fruttuosi per altri. Il passaggio di due contraenti davanti al notaio oggi come ieri costituisce un legame sociale importante, almeno due individui saranno uniti e dovranno rispettarsi l’un l’altro malgrado, come vedremo in seguito, spesso uno dei due sia in una situazione d’inferiorità. Dagli archivi emergono le vicende delle nostre famiglie e di certi aspetti di un’economia rurale, anche se tanti altri rimangono ancora nell’ombra, il notaio ne è stato il testimone privilegiato, li ha trascritti in una forma legale e standardizzata ma, certe emozioni trapelano comunque e si può capire la drammaticità del momento.  La carta o la pergamena strappata, macchiata, talvolta in parte bruciata, l’inchiostro sbiadito, la scrittura certe volte illeggibile, il notaio con il suo scrivano nonostante tutto ci ha lasciato un momento di vita, concludendo la chiusura dell’atto appoggiando il suo segno di tabellionato, sottile e grazioso disegno.

Nell’antica Galilea due cittadini Ebrei che volevano contrattare si accontentavano di dichiarare le loro volontà in un luogo pubblico davanti a dei testimoni per rendere irrevocabili le parole dette, le parti si fidavano tra di loro. Ma l’uomo nella sua diversità, tra i suoi numerosi difetti, ha la particolarità di non rispettare i suoi impegni, così l’imbroglio e la malvagità rendono i contratti verbali inadeguati e l’introduzione di intermediari, del giuramento o della presenza di testimoni si diffonderà con il tempo. In Europa occidentale i vari paesi hanno un ceppo comune nelle loro pratiche notarili, basate sul diritto romano, i popoli conquistati all’epoca dell’Impero, oltre alle proprie leggi locali, hanno assimilato i costumi e le abitudini degli invasori[1]. Nel corso dei secoli, l’istituzione del notariato, il suo livello di competenza, la sua affidabilità, è considerata come un indice: un testimone del grado di civiltà delle nazioni. Il patrimonio documentario custodito nei vari archivi cittadini, dimostra il ruolo centrale del notaio, attore di primo piano nei momenti essenziali della vita dei suoi vicini, protagonista nella gestione della cosa pubblica, accanto alle istituzioni locali.

L’attività notarile in provincia di Bergamo fu gestita e controllata dal Collegio Notarile, i primi statuti conosciuti risalgono al 1264[2]: ma il più antico documento notarile è un diploma di epoca longobarda del re Astolfo, l’originale è conservato tra le carte dell’Archivio della Cattedrale di Bergamo[3]. Nell’archivio della biblioteca civica tantissime pergamene citano le contrade e le famiglie della valle, in particolare tra il XIII e il XV secolo, appaiono le numerose proprietà del Monastero di Astino, atti notarili per l’affitto o l’inventario delle terre, ma spesso rogati da notai della città. Tra i notai residenti in alta valle Imagna, i primi conosciuti appartengono alla famiglia degli Arrigoni (sec. XIII), diverse pergamene conservate nella biblioteca Ambrosiana di Milano, testimoniano la loro presenza. Nell’Archivio di Stato di Bergamo, il notaio Bortolo fu Defendo Locatelli-Patay ha lasciato un rogito dell’anno 1400. Non conosciamo la struttura organizzativa che gestiva la conservazione delle scritture notarili in valle prima dell’Ottocento, sappiamo che nella stessa famiglia di notai il passaggio avveniva di padre in figlio[4]. Il comune della Valdimania si è preoccupato di conservare e di non lasciare che andassero dispersi i preziosi documenti, l’unica fonte scritta della memoria valligiana. Per secoli la valle ha avuto il suo archivio in Corna nella contrada di Brancilione, subendo le vicissitudini del tempo, nei primi anni dell’Ottocento[5] alcuni documenti furono danneggiati dall’umidità e dal fuoco. Gli archivi notarili, nel senso attuale del termine, sono il frutto del Regolamento sul notariato del 1806, da quel momento gli archivi notarili hanno lasciato la valle per il capoluogo.

Per la valle Imagna circa 120 notai ci hanno lasciato i loro archivi tra il Trecento e la fine del Settecento, il tutto conservato oggi all’Archivio di Stato di Bergamo, ma sicuramente altrettanto numerosi sono quelli di cui abbiamo perso le tracce, le numerose citazioni di quelli scomparsi lasciano immaginare il doppio del numero dei notai che hanno rogato in quel periodo nella valle o almeno assunto la funzione di secondo[6] notaio. Tra i notai archiviati sono note le dinastie, generazioni che si succederanno nella stessa attività: gli Arrigoni di Cepino (sec. XIV-XVI), i Coronini e i Donati di Berbenno (sec. XVI-XVIII) ma soprattutto notevoli i Moscheni-Zanuchini di Rota stabiliti in contrada Cabrignoli. Siamo certi di sette componenti, cioè sette generazioni di questo casato, ai quali si potrebbero aggiungere altri tre stabiliti a Bergamo[7]. Tra parentesi gli anni di attività:

Giovanni (1481-1533) – Gio.Giacomo (1532-1599) – Giovanni (1561-1624) – Benedetto (1599-1630) – Gio.Giacomo (1624-1645) – Benedetto (1653-1712) – Franco (1684-1711).

Tra tutti i notai accessibili per i loro archivi, il patrimonio documentario lasciato da Giovanni Giacomo Moscheni-Zanuchini è eccezionale, sono 67 gli anni di attività, abbiamo diversi esempi dove ben quattro generazioni della stessa famiglia hanno potuto rivolgersi a lui per sigillare ufficialmente gli eventi importanti della loro vita. G. Giacomo è succeduto a suo padre Giovanni e dal 1532 al 1599 fu uno dei due principali notai in alta valle, la sua carriera rappresenta 28[8] filze di archivi contenenti 74 volumi[9]. In parallelo al nostro notaio Moscheni in alta valle Imagna rogavano i notai Arrigoni di Cepino (detti Mazzi o Massi), il padre Alberto Battista tra 1519 e il 1565 (46 gli anni di attività che non sono pochi!) ma soprattutto il figlio Eustachio, anche lui ha avuto una carriera impressionante, lasciando 63 anni di archivio tra il 1538 e il 1601. Non è stato fatto un confronto preciso tra il nostro Moscheni e gli Arrigoni, anche si troviamo spesso negli archivi di Alberto Battista Arrigoni tanti abitanti di Fuipiano, non è il caso del figlio Eustachio e globalmente sembrerebbe che i notai di Cepino erano più orientati verso il sud della valle, li ritroviamo spesso nei paesi di Strozza, Roncola, Bedulita, mentre il Moscheni era posizionato più verso le parrocchie di Brumano, Fuipiano, Locatello, Corna, Rota. Ma questa è soltanto una visione superficiale, non sarebbe giusto dire che le due famiglie si fossero divise la valle, infatti numerosi clienti dell’una appaiano negli archivi dell’altra. Apparentemente la relazione tra i due fu eccellente, provata dal fatto che i due notai per i loro affari personali si recavano l’uno dall’altro[10], ma non solo, per certi atti era necessaria la presenza di due notai, Eustachio firma tantissimi atti come secondo notaio accanto a Gio. Giacomo. Parlando sempre dello stesso periodo, dobbiamo citare un notaio di Berbenno: Giovanni Antonio Donati, attivo tra 1537 e 1570. Ecco il quadro dell’attività notarile che centra il secolo XVI in alta valle Imagna.

Moscheni

Le notizie più antiche sulle famiglie Moscheni della valle Imagna provengono dall’Abate Angelini che cita nell’anno 1188: Arnoldo Mosca de Frontale de Lemine. Sappiamo che nel XIII secolo Arnoldi Musche de Frontali appare sul Rotolus Episcopatus della Curia Vescovile di Bergamo.

Nell’opera monumentale: Antichità Bergamasche di Giuseppe Ercole Mozzi, l’autore ha rilevato:

  • Giovanni figlio del quondam Bonadei Moscheni de Valdimania, cittadino di Bergamo nell’anno 1371.
  • I fratelli Bertrame e Venturino figli del quondam Zinini de Scudelari de Valdimania, nell’anno 1386.
  • Vitali detto Pertusi de Moscheni fu creato cittadino di Bergamo nell’anno 1458 e suoi eredi furono proprietari al Frontale di Rota Dentro nell’anno 1461.
  • Nel 1472 è citato Zanuchini figlio del quondam Ser Bertrami olim Fachini de Moscheni de Rota.

Però con l’appellativo Moscheni troviamo ugualmente le famiglie: Cassinelli, Todeschini, Mirabelli, Gritti, tutti di Valsecca. Sembrerebbe che le prime famiglie Moscheni provenissero da questo paesino, lasciando alla contrada Cascutelli il nome del loro antico mestiere, gli scudelari che lavoravano il legno al tornio. Originari ugualmente di Valsecca, i nobili Moscheni, marchesi di Bergamasco e consignori di Castelnuovo (Bormida), il capostipite sarebbe Tonolo (Antonio) figlio di Giovanni che fece testamento nel 1505 presso il notaio Giovanni Zanuchini-Moscheni, suo figlio Simone è soprannominato Todeschini, citato tra 1479 e 1496, senza sforzi possiamo immaginare che abbiamo lì il progenitore delle numerose famiglie Todeschini. Il fratello di Tonolo: Giovanni sarà all’origine della stirpe dei detti Mori.

Per Rota i detti Pertusi de Moscheni sono collocati in Rota Dentro, il soprannome si rileva fino all’anno 1624, da questo stesso casato appaiono i discendenti: i cosiddetti Ton de Moscheni sempre al Frontale, poi all’inizio dell’800 stabiliti alla Canova, famiglie ancora oggi esistenti.

Quelli che vogliamo studiare sono i detti Zanuchini, il sopraddetto Zanuchini citato nel 1472, potrebbe essere il patriarca di questa famiglia di notai, però il luogo: la contrada Cabrignoli, sede per secoli dei Zanuchini è ugualmente rilevata dal Mozzi nell’anno 1506, dove sono citati gli: heredi di Zanini q.Jo.Girardi de Moscheni in loco de Cha Brignoli. Dunque è difficile attribuire il titolo di capostipite all’uno o all’altro, sappiamo che Giovanni il primo notaio che lascia i suoi archivi è detto figlio di Zanuchino e svolge la sua attività nella sua casa di Cabrignoli, sarà l’attività professionale di suo figlio che andremo a seguire.

Dobbiamo citare il Zenochino citato dal Capitano Giovanni da Lezze[11] nella sua descrizione del territorio bergamasco parlando di Valsecca: Il più riccho è il Zenochino, qual è console et thesorier di tutta la valle et cancelliere poi generale di tutte le altre valli insieme. Quel Zenochino non è altro che un omonimo del nostro notaio: Giovanni Giacomo Zanuchini che fu Console di Rota e tesoriere del Consiglio della Valle, lo troviamo citato in una scrittura notarile, un resoconto di un’assemblea del detto Consiglio, del 2 novembre 1561, atto rogato dal notaio G. Giacomo Moscheni.

L’ultima nascita censita in Rota Fuori da questo casato è di Maria Vergina nell’anno 1747 in Cabrignoli figlia di Guglielmo Moscheni detto Polacco e concludiamo con la discendente reperibile con l’appellativo Zanuchini: Giulia, probabilmente nativa di Bergamo, figlia di Giovanni Pietro e vedova del notaio Giacomo Antonio Manini de Personeni di Sant’Omobono, deceduta a Cabrignoli il 4 gennaio 1820.

Tra le poche notizie pervenute fino a noi, citiamo una relazione alla Curia[12] del 1822 dove don Giovanni Pietro Bugada, parocco di Rota F., vicario foraneo, elenca i vari legati della parrocchia di Rota, tra cui: Messe 4 in Off. ogni anno in perpetuo con lire cinque di moneta per cera …per legato del fu Giacomo[13] Alberto di Ghirardo de Moscheni. Don Bugada prosegue: Vi sono poi n.18 messe in un Oratorio pubblico, ma di diritto privato di un tale Zanuchini gravitanti sopra un fondo, ma queste da più anni inadempite, ed il fondo venduto e rivenduto di modo che or più non si parla ne di fondo, ne di messe. Questo è di famiglia privata estinta. Il fondo però vi è ancora, e vi è pure l’oratorio[14], e ciò tutto è posto nel luogo detto Cabrignoli.

Nella contrada Cabrignoli di oggi non ci sono più tracce dell’antico luogo, sede dei Rota Brignoli del Quattrocento, non si vede più l’oratorio, nemmeno la maestosa torre descritta dal dottor Barbieri[15], sono pochi i segni, o quasi niente, del passato che lascerebbero immaginare l’antica dimora dei Zanuchini.

Giovanni Giacomo è nato il 14 ottobre 1514 figlio di Giovanni e di Angelina, da due documenti abbiamo la sua precisa data di nascita. Il primo è il testamento del padre Giovanni probabilmente ammalato nella sua casa in Cabrignoli dove detta il suo testamento[16] la domenica del 28 febbraio 1524 presso il notaio Alberto Battista Arrigoni. Nomina eredi e successori universali, il primogenito Giovanni Giacomo di anni dieci e Giovanni Andrea di anni quattro. Sono citate le figlie: Domenica e Benedicta, tutti figli procreati con sua moglie Angelina. Il secondo documento è eccezionale, scritto per mano dello stesso padre Giovanni in un volume dei suoi archivi di notaio[17]. Il padre ha segnato le date di nascita e di decesso dei suoi figli, uno scritto così unico che lo riproduciamo nelle note[18]. Questa inattesa annotazione rende ancora più vive le filze notarili, il notaio offre un commovente ed insostituibile ritorno al passato, come quel disegno ritrovato nelle filze del notaio Carlo Quarenghi[19], anche lui di Rota, dove un suo figliolo disegnando riproduce il padre con la piuma d’oca in mano, tentando anche di riprodurre il segno di tabellionato paterno.

Sono scarse le informazioni ritrovate su G. Giacomo, non sappiamo il nome di sua moglie, non è stato rinvenuto nessun testamento, la consultazione degli archivi di altri notai è rimasta infruttuosa. Il testamento di suo padre e anche quello di Giovanni suo figlio rivelano notizie familiari. Del fratello Andrea sappiamo che si è stabilito a Bedulita in Canegrè, sposato con una certa Maddalena e che fa parte dei capifamiglia del luogo nell’anno 1605.

Giacomo è padre di almeno un figlio: Giovanni nato nel 1542 circa, marito di Caterina, dall’archivio parrocchiale rileviamo la nascita di otto suoi figli tra il 1565 e il 1586, lascia un testamento[20] olografo datato 27 ottobre 1616, dove appare citata per la prima volta la loro chiesetta in Cabrignoli dedicata a San Francesco. Giovanni decederà il 1 settembre 1624 all’età di 82 anni.

Giacomo comincia a rogare all’inizio dell’anno 1532, dunque aveva diciotto anni, benché negli ultimi Statuti del Collegio Notarile dell’anno 1491 l’età minima fu alzata da diciotto a venti anni. Dopo aver superato la valutazione davanti alla commissione esaminatrice[21], G. Giacomo fu approvato dal Collegio e la sua registrazione figura nel registro Matricola Notariorum[22] con la data del 9 marzo 1534 coerente per i suoi vent’anni. Dopo l’esame che conferisce al futuro notaio la menzione: approbato ad rogandum Giovanni Giacomo, come altri suoi pari, deve prestare giuramento. Gli esempi ritrovati che sanciscono la presa di funzione del postulante lasciano vedere un imponente cerimoniale. Proponiamo qui sotto l’esempio di un altro notaio della valle Imagna, si tratta di Francesco Quarenghi (1569-1630) della famiglia di Capiatone in Rota Fuori, la scrittura ufficiale è registrata dal notaio Gio. Antonio Petrobelli[23] di Bedulita, con il titolo Creazione di notaio. La solenne cerimonia per la sua investitura ufficiale è presieduta da un notevole personaggio: il giovane conte Francesco Brembati[24], la presenza di un esponente della nobiltà cittadina da una rilevanza importante alla creazione del notaio e non mancherà di impressionare la gente presente. Un tale rituale contribuisce a dare più peso al giovane notaio e alla sua funzione, la sua affidabilità è rinforzata, ma costituisce ugualmente un modo per riaffermare l’autorità cittadina, a volte contestata.

Nel nome di Cristo amen, giorno quarto del mese di Luglio dell’anno 1604, indizione seconda, nel luogo di Sant’Omobono di Valle Imagna, distretto di Bergamo sotto il portico a piano terra del cimitero della chiesa parrocchiale di detto luogo, presenti i testimoni: sig. Aucursino fu Andrea Contalli de Petrobellis, sig. Giacomo fu Giovanni de Gambirasi di Palazzago, ser Antonio fu ser Stefano Borioli de Angelinis e ser Leonardo fu ser Salvi de Muttis di Almè, tutti ecc. bergamaschi che si dichiarano ecc.  e per secondo notaio il signor Andrea Luello notaio pubblico di Bergamo ecc che si ecc.

Ivi il Magnifico Illustre sig. Conte Francesco fu Magnifico Illustre  sig. Conte Ottavio  de Brembate per creare il notaio imperiale avente autorità come nel suo privilegio del giorno ecc. al quale ecc. e da me notaio infrascritto visto e letto ecc., spontaneamente ecc. così instando e richiedendo il sig. Francesco fu sig. Giovanni Schiantarelli de Quarenghis di Rota di Valle Imagna inginocchiatosi lì alla presenza come sopra costituito chiedendo di essere creato notaio pubblico di Bergamo ecc.; il quale Magnifico Illustre sig. Conte Francesco, vista prima la adeguatezza di detto sig. Francesco e che il suo animo è mosso da cause ragionevoli, osservate le formalità da osservare, in ogni miglior modo ecc. creò e ordinò notaio e tabellione pubblico di Bergamo detto sig. Francesco fu Giovanni Schiantarelli lì presente e così richiedente e con l’anello d’oro, il calamo, la tavoletta cerata come è costume,  inginocchiatosi come sopra, ricevente con umiltà, investì pubblicamente dell’arte notaria così che in seguito possa redigere istromenti ed atti pubblici e fare tutto ciò che un notaio e tabellione può fare secondo il tenore di detto suo privilegio, giurando detto sig. Francesco, toccate fisicamente con mano le Scritture [cioè la Bibbia] nelle mani del predetto Magnifico Illustre sig. Conte Francesco stipulante e ricevente a nome di detto Impero, di esercitare il proprio ufficio secondo giustizia e fedeltà, rifiutando ogni falsità e inganno; e inoltre promettendo anche di non trattare nulla che sarà ritenuto contrario all’onore e allo stato dell’Impero Romano né del predetto Magnifico Illustre sig. Conte e del  suo casato né consentirà a ciò, rogando me notaio che di quanto premesso dovessi fare un istrumento pubblico ecc.

S.N. Io Giovanni Antonio figlio di Polidoro de Petrobellis cittadino e notaio pubblico di Bergamo del soprascritto istromento di creazione di notaio insieme con …

 Spoglio delle rubriche

Ogni filza di archivio contiene da due a cinque volumi dove vengono rilegati gli atti, all’inizio di ogni volume ci sono queste rubriche, tutte compilate nello stesso modo, di solito su una sola riga:

Tipologia dell’atto / nome dei contraenti / numero dell’atto (o del foglio).

Il notaio nel suo modo di redigere l’intitolazione delle sue rubriche, rispetta sempre dei codici di buona creanza corrispondenti all’epoca, usando le abbreviazioni rispettose per i termini: Magister, Domino, Magnifico[25], per un maestro artigiano, un notabile o un nobile, nello stesso spirito scrive nelle rubriche in primo luogo il nome dei maggiorenni che di solito tengono le redini e gestiscono la situazione relativa all’atto.

Dunque come nella maggior parte degli atti ci sono due parti che contrattano, il notaio o il suo scrivano nella rubrica scrive sempre in primis il nome dello stipulante preminente seguìto dal nome del secondo contraente. Di conseguenza abbiamo fatto la scelta, per il detto spoglio, di rilevare e segnare unicamente il nome del primo, considerato il contraente principale. La prima ragione di questa scelta è di ottenere una stratificazione sociale ed economica degli abitanti della valle, la seconda è che l’altro contraente apparirà in altri rogiti dove sarà il protagonista basilare (nei retrodati, dote, testamenti ecc.…) e la terza è una ragione tecnica, schedare tutti i contraenti significa un lavoro interminabile e un finale controproducente. Sono stati necessari quattro mesi di intenso lavoro e non sono state conteggiate le ore per decifrare le centinaia di foto. Lo spoglio delle rubriche si è reso lungo e complicato dal fatto che diverse persone hanno compilato questi repertori in periodi successivi, in modi diversi, e dal latino si passa all’italiano. Inoltre nel corso degli anni il modo di qualificare certi atti cambia e ne rende più difficile l’interpretazione e la classificazione.

Nel caso che cita diversi fratelli, chi scrive rispetta l’ordine cronologico iniziando con il nome del primogenito (non sempre ma spesso dà il nome del padre e talvolta anche del nonno quando c’è un rischio di omonimia), rispetta la forma nel redigere una buona parte della intitolazione ma spesso usa anche delle scorciatoie che rendono difficilissimo il riconoscimento del personaggio citato, si accontentano di un nome e di una contrada, all’esempio: Maffeo di Canito o Andrea Luce, sunti evidenti per lui. Il primo sarebbe Maffeo Moreschi di Corna in contrada Canito, il secondo Andrea Rota figlio di Luca della contrada Torre di Rota Fuori.

L’uso dei soprannomi è frequente, derivanti spesso dal mestiere, troviamo i Garzaroli, Cementari, Carbonari, Fusari, Molinari, Fachini, Ferrari, Scudelli, Marengoni, Tintalori.

I numeri

Tentiamo adesso di presentare i numeri estratti da questo studio e di esporli in modo chiaro e gestibile, vista la grande quantità di numeri e percentuali riguardanti le tipologie degli atti o dei clienti, abbiamo fatto la scelta di presentarli a dosi omeopatiche! ripartiti per tutta questa relazione secondo il tema affrontato. Dei 74 volumi presenti nelle filze del notaio Moscheni ne sono stati studiati 64, gli altri dieci sono senza rubriche[26] e rappresentano circa 20 sui 67 anni di archivi, dunque in questo tempo di circa 47 anni abbiamo individuato 3.685[27] clienti che hanno cumulato un totale di 14.799 atti, per quel periodo sono 115 i clienti  presenti con più di venti atti ciascuno, la scelta di questo numero dei venti atti serve a stabilire una soglia virtuale sopra la quale visibilmente il rogito notarile entra nella gestione di una attività professionale, come oggi un imprenditore si assicura l’aiuto di un avvocato o perlomeno di un commercialista. Consideriamo che la maggioranza dei 3.570 clienti sotto questa soglia è gente comune, certi benestanti, altri semplici artigiani o contadini che utilizzano i servizi del notaio per gli eventi importanti, eccezionali, della loro vita, nei tre gruppi di operazioni essenziali: le compravendite, le doti e la gestione del patrimonio. Cioè una media di 2,6 atti per ogni cliente, ma la stragrande maggioranza: 2.873 contraenti avranno contattato il notaio per la scrittura di tre atti o meno ognuno[28].

I numeri lasciano vedere un’attività massimale tra circa il 1540 e il 1570, dopo di che c’è un declino e si nota negli ultimi due anni una diminuzione fino alla metà degli atti rogati rispetto al periodo più intenso. Sono diverse le spiegazioni possibili, ovviamente più andiamo avanti nel tempo, più Gio. Giacomo invecchia e la sua capacità lavorativa diminuisce, inoltre dobbiamo considerare che suo figlio Giovanni inizia il mestiere nell’anno 1561 e infine il Senato veneto istituisce nel 1571 dei nuovi dazi su certi tipi di atti notarili e ciò influisce fortemente su tutta l’attività notarile.

Spostamenti

Gio. Giacomo fu un notaio sempre vicino ai suoi clienti, definirlo itinerante forse non è adeguato, certi puristi attribuiscono questo termine ai notai, cancellieri che seguono il vicario nei suoi spostamenti nel distretto. Ma lo studio dei suoi spostamenti mette in luce l’incredibile mobilità del notaio, tutti i giorni si sposta da un paesino all’altro, non passa per dire, tre giorni nel suo studio di Cabrignoli aspettando i clienti, no, mai più di un giorno a Rota. Spesso ospitato in casa di un suo cliente per la stesura degli atti, di frequente nell’abitazione dei grossi contraenti, tra gli altri appaiono spesso Gerolamo Manini al Prato Grigio o Gio. Antonio Rota-Chiarelli alla Torre di Valsecca. I luoghi d’incontro possono essere molto diversi: sulla strada pubblica, ma il più frequente è davanti al cimitero o la chiesa dei vari paesini. Tra i posti più nominati per Sant’Omobono ci sono la casa di residenza del Vicario o davanti al portico dei Mazzoleni. La sorpresa è di trovare tanti, per non dire tutti, abitanti di Brumano tra i suoi clienti abituali, ricordiamo che Brumano faceva parte del Ducato Milanese, subordinato a una giurisdizione differente, per loro il notaio si reca al luogo detto Corna Magna di Rota, al confine del territorio, vengono lì anche quelli di Morterone. Tutti i paesini della valle Imagna sono citati fino ad Almenno, ma anche al di là: in valle Brembana e in valle San Martino. Bergamo è citata numerose volte all’anno: nelle vicinie di S. Agata, S. Pancrazio, S. Michele dell’Arco, in Platea Magna (attuale piazza Vecchia, nell’apoteca di Gio. Giacomo Rapa de Locatelli, drappiere) sempre in una bottega di qualche commerciante e gli atti rogati sono ogni volta in relazione con un abitante della valle Imagna. Abbiamo tentato di capire se c’erano dei giorni stabiliti in anticipo, rispettando il calendario Giuliano in vigore in quest’epoca, risulta che non ci sono giorni fissi per esempio: il martedì a Rota, il mercoledì a Sant’Omobono ecc., non c’è una regolarità pianificata a lungo termine in queste trasferte. Probabilmente rispondeva alle richieste e spostandosi alla domanda, la voce si spandeva per la sua venuta e dunque si radunavano al luogo previsto anche altri paesani, non è da scartare la sua presenza sui mercati o fiere importanti. L’esame di questi incessanti spostamenti lascia intravedere un uomo di forte tempra, robusto, cavalcando per sentieri e mulattiere gran parte delle sue giornate tra monti e valli, in tutte le stagioni e frequentemente anche la domenica.

Analisi dei risultati

Innanzitutto devo sottolineare l’aiuto indispensabile del dottor Gianmario Petrò per capire e decifrare le intitolazioni degli atti, senza la sua assistenza una parte di questo lavoro non sarebbe stato possibile.

     
TIPOLOGIA ATTI %
dato 4444 30,03
locazione 2267 15,32
liberazione 1003 6,78
retrodato 950 6,42
dote (+ assicurazione, ecc.) 895 6,05
obbligazione 644 4,35
accordo 526 3,55
soluzione 436 2,95
testamento 372 2,51
soccida 327 2,21
procura 279 1,89
divisione 214 1,45
introytus 184 1,24
transazione 163 1,10
permutazione 153 1,03
cessione 134 0,91
revocazione 124 0,84
ratificazione 110 0,74
confessione 95 0,64
compromesso 83 0,56
donazione 76 0,51
patto 73 0,49
assegnazione 69 0,47
codicillo 53 0,36
protestato 48 0,32
prorogazione 43 0,29
investitura 42 0,28
DIVERSI 992 6,70
TOTALE 14799 100,00

 

Testamento:

Dalla grande diversità delle tipologie degli atti, si distingue il testamento. Per certi individui dopo la loro morte potrebbe succedere il diluvio, per altri il lascito alla generazione seguente dona probabilmente la sensazione che una parte di se stesso sopravvivrà. L’uomo al crepuscolo della sua esistenza è certamente un abituale cliente del notaio, il testatore vuole un’ultima volta, o almeno così pensa, dare la sua fiducia al notaio, vuole la garanzia che le sue ultime volontà vengano rispettate.

La trasmissione del patrimonio è uno dei fondamenti della famiglia, il patriarca sulla soglia della morte attraverso il testamento deve concludere il suo ruolo di capofamiglia ed assicurassi una giusta ripartizione dei beni. Il testamento come altre tipologie di atti notarili è standardizzato, il patrimonio è solitamente ripartito in parti uguali tra i figli maschi, legittimi, mentre per le figlie[29] è prevista soltanto la dote, spesso il padre dispone che i figli debbano riservare una stanza e gli alimenti per le sorelle fino al matrimonio o l’eventuale entrata in religione. Il posto della religione è altrettanto importante, il testatore ordina per il riposo della sua anima immediate celebrazioni religiose, altre più a lungo termine, spesso in perpetuo. Istituisce donazioni alle varie confraternite, elemosine per i più sforniti e infine pensa alla sepoltura della propria salma, il tutto ovviamente proporzionato alla sua situazione economica. Purtroppo nella realtà le disposizioni testamentarie, soprattutto quelle relative alle donazioni religiose vengono difficilmente rispettate dagli eredi, i resoconti dei parroci e quelli delle visite pastorali dei vescovi sono pieni di esempi significativi, in tutti paesini della valle diverse famiglie sono indebitate verso le parrocchie. Il riposo dell’anima del defunto è compromesso, nella coscienza popolare dell’epoca il tema è fortemente presente, l’aldilà rappresenta la salvezza dopo le tribolazioni terrestre, nel suo Effemeride[30] padre Donato Calvi cita almeno tre casi nella bergamasca di apparizioni soprannaturali, descrivendo spaventose erranze di morti venute a vendicarsi!

Dei 372 testamenti rilevati per tantissimi, purtroppo, è l’atto conclusivo di una vita, probabilmente vista l’età avanzata del capofamiglia appaiano varie procure che spesso sono delle deleghe ai figli per la gestione dei beni, ma riguarda di solito le famiglie benestanti, dopo queste scritture il personaggio scompare dalle rubriche. Di tutti questi testamenti, 93 rappresentano l’unico atto di un’esistenza, parliamo sicuramente di persone più modeste.

Abbiamo scelto di presentare un testamento rogato dal nostro notaio Moscheni, perfettamente rappresentativo delle disposizioni abituali, conforme a quelli registrati nei secoli XVI e XVII. La sua particolarità è data dalla presenza di una seconda moglie con due figli minorenni, la precauzione in questo caso è di assicurare alla vedova delle condizioni materiali dignitose per coabitare con i figli del primo matrimonio. Si deve tenere conto che la vedova, nel caso che la convivenza diventasse impossibile, potrebbe esigere di recuperare la sua dote e ciò graverebbe sull’integrità del patrimonio. Il testatore Francesco Geri Mazzoleni[31] sopravvivrà a questa malattia del 1586 e riaggiusterà il testamento nel 1594 con uno nuovo per assicurare ai figli minori Bonetto e Caterina, divenuti maggiorenni, un giusto equilibrio nella ripartizione della sostanza trasmessa.

 

Nel nome della Santissima e individua Trinità, Padre,  Figlio e Spirito Santo Amen. Questo è il testamento fatto, scritto e ordinato da ser Francesco fu Gerio Mazzoleni della Costa sano di mente, memoria, intelletto e loquela ma malato nel corpo, per il quale testamento prima di tutto affida umilmente a Dio Onnipotente e a tutta la Curia celeste la propria anima; poi, siccome l’essenza e il fondamento principale di ogni compiuto testamento è e deve essere l’istituzione degli eredi, ser Francesco istituì, creò e volle e nominò ed ora di sua bocca crea, nomina e istituisce in eredi e successori propri e di tutti i propri beni, dei propri diritti e azioni presenti e futuri che lui lascerà dal giorno della sua morte, i propri figli infrascritti e cioè Gerio, Vanino, Francesco, Pietro e Bonetto fratelli e ciascuno di loro egualmente e in parti eguali, con i sottoscritti oneri, disposizioni e legati che dovranno soddisfare.

Poi costituisce la signora Maria, sua moglie ed ultima signora, matrona e usufruttuaria per tutto il tempo della sua vita, della propria ed unica casa, (da terra fino al colmo, murata, con la porta, col tetto coperto di ardesie, giacente nel luogo detto Cà della contrada di Valsecca che altra volta fu acquistata da parte del testatore dai figli del fu Bernardo del Cornello) e della corte e delle servitù di detta casa e di una pezza di terra coltivata a prato e alberi giacente in detta contrada nel luogo detto nella Foppa a cui confina da una parte Ruggero del Cornello, da un’altra parte Pietro Antonio Bugate, da un’altra parte Francesco Baracchi e dall’altra il Comune di quelli del Cornello, che è di pertiche due circa, o tanta quanta è, e di tutti i propri indumenti per proprio uso; e assegnò ed assegna alla propria moglie la detta casa, pezza di terra e indumenti perché ne goda e usufruisca finché vivrà onestamente nello stato vedovile  e non esigerà la sua dote, salvo quanto infrascritto.

    Poi, salvo quanto premesso, giudicò e legò e ordinò di dare da parte dei propri figli predetti, eredi istituiti, a Caterina sua figlia, al tempo del suo matrimonio o del suo ingresso in convento, quattrocento lire imperiali per la sua dote e per ogni sua parte spettante e tutto ciò che le possa spettare in beni ed eredità da lasciare da parte di esso testatore  // in qualsiasi modo e maniera e che nel frattempo essa Caterina possa abitare e godere dei beni di detto testatore insieme con detti suoi eredi.

             Poi, dato che i predetti Bonetto e Caterina, suoi ultimi figli, sono minori, perciò detto testatore per essi minori costituì, scelse e incaricò come tutori e curatori, per il tempo necessario, Gerio detto Gireto, nipote dello stesso testatore da parte di Pietro detto Turbino suo fratello, e Bartolomeo Bugadino di Rota con tutte le attribuzioni opportune e necessarie per fare, trattare, fare e disfare contratti per detti Bonetto e Caterina come detto testatore potrebbe fare se vivesse, fino alla maggiore età di loro e di ciascuno di loro.

       Poi, salvo quanto predetto, ordinò e comandò che il proprio cadavere sia seppellito nel cimitero della chiesa di San Marco e che nella stessa chiesa, ai tempi debiti, siano celebrati la settimana, il trigesimo e l’anno della sua morte con diciotto messe in tutto, cioè con messe per ognuno di detti uffici con  cera (candele) adeguata da bruciare in simili uffici funebri per l’anima di esso testatore.

      Poi, salvo quanto premesso, giudicò, legò e ordinò di dare, da parte dei suoi eredi, alla fabbriceria della Scuola del Santissimo Corpo di Cristo nella predetta chiesa di San Marco, mezzo scudo d’oro da spendere a beneficio di detta Scuola, come sarà opportuno, per la sua anima.

        Poi, ordinò e comandò che si debbano celebrare, da parte del Parroco della prefata chiesa di San Marco, messe di San Gregorio (messe cantate in canto Gregoriano?) per la sua anima. Al quale Reverendo Parroco celebrante dette messe, decise e comandò di dare da parte dei  suoi eredi  la consueta offerta per la celebrazione di dette messe.

     E tutte le predette cose, e ciascuna di esse, esso testatore ordinò, volle e comandò e dispose che valgano e che tengano debitamente come suo ultimo testamento e sua ultima volontà e disposizione e, se così non valessero, che valgano e tengano e debbano valere e tenere come codicilli e come donazione a causa di morte e in ogni miglior modo, via, diritto e forma in cui possono valere e tenere meglio.

Furono fatte tutte le predette cose da parte del soprascritto testatore e scritte e pubblicate da me notaio infrascritto di suo mandato e commissione il giorno 1 maggio 1586, indizione 14ma, nella contrada di Valsecca, Valle Imagna, distretto di Bergamo, nella camera da letto della casa di proprietà e di abitazione del predetto testatore, presenti i testimoni Francesco figlio del fu Gerolamo Baracchi, Bertolo figlio del fu Andrea Belli, Francesco figlio del fu Pietro Sibella, Bartolomeo figlio del fu Giacomo Sibella e Antonio figlio del fu Bertolo Sibella, tutti questi di Valsecca, e Antonio detto Tonino figlio del fu Bertramo Todeschini de’ Moschenis e Pietro Antonio suo figlio, tutti abitanti della detta contrada di Valsecca, noti ed idonei a ciò chiamati e da detto testatore rogati e dichiaranti di conoscere lo stesso testatore e l’infrascritto secondo notaio e me notaio rogato da esso testatore perché di tutto quanto predetto faccia uno strumento (atto notarile) in valida forma.

Al cui atto fu presente come secondo notaio, che si sottoscrive secondo la forma degli Statuti di Bergamo, il signor Petrino Cassotti de’ Mazzoleni, notaio pubblico di Bergamo.

N. Io Giovanni figlio del signor Giovanni Giacomo Zanuchini de’ Moschenis della Valle Imagna, notaio pubblico di Bergamo fui presente a tutte le cose predette e di queste feci uno strumento e lo consegnai e mi sottoscrissi in fede.

Per completare il tema del testamento, in numerosi casi, deceduto il padre incombe sui figli  la gestione dei beni della famiglia e, arrivare alla divisione ereditaria di una proprietà contadina tra i diversi fratelli, rappresenta grande complessità per tutti. Al di là della portata simbolica di conservare intatto il patrimonio familiare per la trasmissione alle generazioni future, nella pratica l’integrità anche di pochi beni caduti in successione garantiva delle entrate, forse scarse, ma permettevano di far fronte ai bisogni minimali di sussistenza. Troviamo allora tanti atti notarili che dimostrano una gestione collettiva della proprietà, intitolati ad esempio: Locazione Giovanni e fratelli… e per anni il primogenito e i fratelli condividono i beni trasmessi.

Altri casi lasciano vedere un ineluttabile frazionamento dei fondi, tal fratello vuole uscire dalla famiglia originale e stabilirsi per conto proprio,  altre volte l’alterazione dei rapporti tra fratelli, la coabitazione delle cognate divenuta impossibile, o per altre varie ragioni che possiamo immaginare, allora assistiamo a volte ad una successione interminabile di atti per la ripartizione dei beni: divisione, inventario, donazione, assegnazione, permutazione, cambio, accordo, compromesso, ecc.… Le materie contenziose non mancano per dare lavoro al nostro notaio! All’esempio dei fratelli Francesco e Rocco figli di Bono Locatelli di Selino (Cataiocco), che per più di vent’anni appaiano insieme nelle rubriche del notaio Moscheni, la divisione tra di loro è datata 1567 ma vediamo una sequenza di una trentina di atti che impegna i due fratelli fino al 1588. Altro esempio, il caso degli eredi di Maffeo Rota Chiarelli, e la sua vedova, in 14 anni si succedono 12 atti notarili, la mancanza di eredi diretti (figli) rende la successione conflittuale.

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Prima di proseguire con il tema seguente, sembra utile ricordare, brevemente, la situazione economica della valle allo scopo di capire meglio il senso della scrittura notarile dato con locazione. Ci basiamo su una pubblicazione conosciuta da tutti, utile per la visione d’insieme della bergamasca.

L’eccezionale descrizione del territorio realizzata da Giovanni da Lezze[32] corrisponde perfettamente all’epoca del notaio Moscheni, il capitano presenta un inventario delle risorse, calamitoso per quello che riguarda la valle. Vediamo una gran parte della popolazione che fa fronte ad enormi difficoltà economiche, i raccolti garantiscono pochi mesi di autonomia alimentare. In un secolo che ha visto una successione di gravi carestie tra 1524 e 1539, un’altra di nuovo nel 1591, senza parlare della peste di San Carlo (1576), la situazione è critica per numerose famiglie della valle. Da Lezze descrive anche: Sono molti ricchi de gl’huomini della valle fatti con negocii per ogni parte d’Italia, massime in Ancona, che delle quatro parte le tre sono le botteghe di quella valle… Ma di questi ricchi imprenditori pochi ritornano ad investire in valle, eccezion fatta per Giovanni Maria Camerata de Mazzoleni et Giovanni Galli-Locatelli, due dei principali clienti di G. G. Moscheni.

A noi interessa però la moltitudine dei contadini confrontati ai bisogni elementari per nutrire le famiglie, bastano poche cose per capovolgere una situazione non facile in una condizione tragica: una grandine in primavera, un’estate troppo piovosa, un’invasione d’insetti ecc… e un raccolto si perde ma anche un’epizootica che decima il bestiame trasforma il precario in disgrazia. Non solo gli eventi naturali immergono la gente nella disperazione, come vedremo, anche il decesso del capofamiglia spesso riduce la famiglia nella miseria, per far fronte alla mancanza di entrate, per fare il ponte fino alla prossima raccolta, nell’attesa di vendere lana, frumento, panni o altri manufatti era frequente indebitarsi, come dimostrano i numeri.

Dato (datum)

Il dato, in generale, è l’atto che censisce la compravendita di un bene. Nei primi decenni (1530-50) l’intitolazione appare semplicemente come: datto fatto da … (e i nominativi delle parte). Dagli anni 1560, il titolo talvolta è più preciso e svela certi particolari: datum e renutia – datù insolutum – datum reyteratum – datù con pactis. Niente di sorprendente nel vedere che il datum rappresenti il 30% della totalità degli atti notarili.

Dato con locazione (datum cum locatio).

La Chiesa condannava il prestito con interessi, nelle città gli ebrei[33] erano i soli a prestare denaro, le campagne o le vallate isolate come l’Imagna, in assenza di banche, avevano poca scelta per risolvere i bisogni di liquidità. Malgrado la creazione del Monte di Pietà di Bergamo nel 1557 che offriva del credito su pegno, il problema della mancanza di denaro rimane in valle, il dato con locazione sarà uno degli artifici per aggirare le difficoltà. Da una parte i potenti locali o famiglie mercantili, detentori di capitali, dell’altra una marea di umili artigiani o piccoli contadini bisognosi.

Il datum cum locatio è una vendita fittiva di un bene, terra o casa che funge da pegno, il debitore “vende” un bene e il creditore cede lo stesso bene in locazione allo stesso debitore e percepisce gli interessi sotto forma di un affitto. Dunque nella pratica troviamo un primo atto, il dato: cioè la compravendita del bene con una clausola di riscatto, l’atto successivo è l’affittanza per la stessa parte dello stesso bene, il canone versato corrisponderà agli interessi annuali, ad un tasso tra il 4 e il 5%, spesso pagabile a San Martino (11 novembre). Non si deve perdere di vista che seguiva la perdita di proprietà in caso di prolungata insolvenza, i più poveri talvolta finivano avviluppati in un’incontrollata spirale di debiti.

L’analisi delle rubriche mette in luce l’importanza del credito nel lavoro del nostro notaio Moscheni, protagonista in primo piano, conosce bene i suoi clienti, il denaro disponibile e quelli che hanno bisogno di soldi. Creditori e debitori si appoggiano sulle sue competenze e il suo ruolo probabilmente non si ferma alla redazione dei contratti, sembra ovvio che serviva intermediare per un’intensa attività di prestito su pegno fondiario. La durata dei mutui è variabile tra i 4 e gli 8 anni.

Il datum cum locatio viene spesso rilevato per finanziare la dote, le famiglie modeste di frequente si indebitavano per favorire un dignitoso matrimonio alle loro figlie. Questo tipo di finanziamento si pratica anche tra fratelli, numerosi atti di questa tipologia sono fatti anche dai sindacati parrocchiali e il colmo è stato raggiunto da un prete che presta denaro in questo modo, in piena contraddizione con le norme religiose!

Il finanziamento attraverso il dato con locazione è rivelatore di una situazione economica difficile, il numero di questi atti è impressionante, un sondaggio a campione effettuato su questa tipologia di atti (dato + locazione, cioè un campione di 853 atti) il 31,43% sono dei mutui stanziati in questo modo, ossia un numero complessivo di 2109 prestiti in 47 anni per un solo notaio.

I prestiti possono anche prendere la forma del pagamento in anticipo di una futura raccolta o della consegna prevista di panni o qualsiasi prodotto manifatturiero. Il contadino in una situazione difficile gradisce un’entrata di liquidità, ma il creditore ne approfitta per far abbassare i prezzi.

Il documento adesso presentato per illustrare il datum cum locatio è l’emblema di certe situazioni precarie che dimostrano, se ce n’era ancora bisogno, le difficoltà economiche della valle. La vedova Orsola si ritrova sola con tre figli all’incirca di una diecina d’anni d’età, dopo il decesso del marito: Bernardo Locatelli[34] di Blello, ha fatto un primo mutuo di cento lire presso Giovanni Antonio Invernizzi di Corna, davanti alla sua insolvibilità il creditore prende il possesso di un appezzamento di terra e lo lascia in affitto alla stessa famiglia per altri cinque anni che deve versare un canone annuale di quattro lire, cioè: il 4% d’interessi.

In nome di Cristo amen. Il due febbraio 1568, indizione decima, in Valle Imagna dell’episcopato di Bergamo, in contrada di Locatello presso il cimitero della chiesa di Santa Maria, presenti i testimoni ser Ludovico fu ser Giovanni di Zambono della Corna, Sebastiano suo figlio e Maffeo e Martino fratelli fu Moresco Lavi di Canito, tutti Locatelli, noti ecc. idonei ecc. e bergamaschi dichiaranti ecc.

Qui Manzino fu Pietro Berardi Manzoni e la signora Orsola, vedova di Bernardo fu Antonio del Canto del Ronco Locatelli e madre degli infrascritti minori, come tutori testamentari di Giacomo, Antonio e Giorgio fratelli minori del defunto ser Bernardo del Canto del Ronco, costituiti con l’autorità secondo la forma, espressamente e spontaneamente e con matura scelta, per ridurre le spese della escussione che voleva fare Gio. Antonio Bardella contro i minori per ricuperare l’infrascritto suo credito, in pagamento vendono  a ser Giovanni Antonio Bardella fu Ser Giovanni Corona Invernizzi di Regorda quattro pertiche di terra da scorporare da un appezzamento di prato con alberi situato in contrada di Blello in Valle Imagna del distretto di Bergamo in un luogo chiamato al Canto del Ronco, che misura altre 9 pertiche, acquistato in precedenza dallo stesso ser Giovanni dai tutori, come risulta da un atto rogato dal notaio Gio.Marco Pellegrini o da altri notai nel giorno in esso scritto, che confina a mattina con il bosco degli stessi minori, a mezzogiorno una terra tenuta dagli stessi minori, a sera la strada e a monte gli eredi di Boneto di Pietro del Canto del Ronco, e cedono ogni diritto spettante ai minori sulle quattro pertiche di terra. I tutori fanno questa vendita a ser Giovanni Antonio che l’accetta per 100 lire imperiali di cui Giovanni Antonio era creditore degli stessi minori per fitti arretrati e per vitto e vestito dati a loro e alla loro madre in precedenza quando versavano in estrema necessità, come risulta nel libro delle ragioni dello stesso ser Giovanni Antonio contrassegnato dalla lettera D, fatto un diligente calcolo, salvo il diritto di ser Giovanni Antonio ad un maggiore credito se tale risultasse dal detto libro. I tutori fanno questa vendita perché non hanno altro modo di soddisfare ser Giovanni Antonio. Così i contraenti sono soddisfatti. Le cose predette sono state fatte in presenza e con l’autorità e il decreto del signor Alberto Battista Arrigoni notaio, in questo ruolo messo regio e giudice ordinario, che ha avvallato con la sua autorità e il suo decreto le cose predette secondo gli statuti di questa valle.

 In nome di Cristo amen. Lo stesso giorno, luogo e testimoni. Qui il citato ser Giovanni Antonio Bardella affitta al citato Manzino e alla signora Orsola tutori dei citati Giacomo, Antonio e Giorgio minori per i prossimi  5 anni le 4 pertiche di terra che ha acquistato da loro. Per questa locazione i conduttori convengono di dare a ser Giovanni Antonio quattro lire imperiali ogni anno e pagare le taglie e le imposte che gravano su quella terra, con il patto che i conduttori al termine dei 5 anni prossimi possano riscattare le quattro pertiche di terra, avendo prima versato il prezzo citato, i fitti decorsi e le spese degli atti notarili. Passato questo termine ser Giovanni Antonio potrà costringere i tutori, se non lo avranno fatto, a versargli i soldi del capitale con i fitti e le spese degli atti notarili.

Io Gio.Giacomo figlio del signor Giovanni de Moschenis notaio pubblico bergamasco sono intervenuto su richiesta alle cose sopraddette e di queste ho scritto gli atti e li ho sottoscritti.

Per completare il tema delle difficoltà economiche rivelate attraverso i prestiti su pegno, la tipologia del seguente atto è spesso una conseguenza diretta dell’atto precedente (dato con locazione). Anche qui i numeri svelano un contesto sbalorditivo, sono 184 gli atti di presa di possesso ufficializzati dal notaio Moscheni, nel caso più frequente da un creditore al suo debitore, per una parte o per la totalità del suo fondo.

Introytus

In caso di insolvenza di un debitore, nella fattispecie di dato con locazione, il moroso senza un altro accordo rischia di perdere definitivamente il suo bene dopo una sentenza giudiziaria o di un datum in solutum (dato in pagamento di debiti, che sarebbe un “componimento amichevole” per evitare la condanna giudiziaria) dunque la sequenza successiva è la presa di possesso del bene. In questi atti è sempre segnalata la presenza del Servitore[35] del Comune di Valdimania, rappresentante del Vicario della valle. Intervento indispensabile per ufficializzare il cambiamento di proprietario, ma che aggiunge drammaticità al contesto, possiamo immaginare le situazioni angosciose, perdere le proprie terre forse anche la casa è un mondo che crolla. Gli statuti della valle sono rivelatori della serietà con la quale la gestione dei debiti, la relazione creditore/debitore, l’esecuzione degli atti per la riscossione dei debiti è particolarmente controllata e documentata.

Dote (Dos)

Poteva presentarsi sotto forma di denaro o con qualche appezzamento di terra, non li abbiamo visti negli atti del notaio Moscheni, ma il dono di bestiame era una realtà. Nella struttura familiare patriarcale, attraverso la dote si tenta di giustificare l’esclusione delle donne dall’eredità paterna, per secoli il posto delle donne fu secondario, considerate come figlie, mogli poi madri, cioè un passo dietro l’uomo che si dovrà seguire. Però anche se sono poco presenti direttamente nella gestione patrimoniale, l’attività notarile concernente le donne è estremamente importante, in primo luogo i dati rilevati per le varie scritture notarili intorno alle doti sono impressionanti: 895 gli atti censiti. Al secondo posto vengono le procure, per tradizione e forse anche sotto pressione la donna deve delegare ad un familiare la gestione dei beni, anche se non è stato fatto il conto, delle 279 procure censite possiamo affermare che più della metà sono fatte da donne. Infine, un altro fatto che dimostra la precarietà della posizione femminile, in caso di decesso del marito la vedova è sempre affiancata da due curatori per la gestione patrimoniale e la tutela dei figli minori.

Qui sotto presentiamo l’atto per la dote della figlia di Giovanni Maria Camerata de Mazzoleni sempre estratto dagli archivi di G.G. Moscheni. Un piccolo particolare interessante, il notaio fa riferimento al morigincap, antichissima tradizione che deriva dal diritto longobardo (morgengabio) ossia il dono del marito alla propria moglie dopo la prima notte di nozze, una contro-dote (quarta). Altri direbbero “il prezzo dell’innocenza”, o per essere chiari il pagamento della virginità della sposa!

 

Dos d. Maria filia d. Joannes M.a Camerata – 478

Nel nome di Cristo, amen. Il giorno ottavo del mese di settembre 1540, indizione tredicesima, nel comune di Valsecca, distretto di Bergamo, in contrada di Mazzoleni, nel luogo del Plaza (Piazzo), nella casa di abitazione dell’infrascritto sig. Giovanni Maria, presenti i testimoni: sig. Antonio fu sig. Giovanni detto Zanola, Sebastiano fu Antonio Lazzarini, Stefano fu Giovanni Bachay e Guelmino fu Pietro Monico, tutti testimoni di Mazzoleni e noti ed idonei a ciò convocati ecc. e tutti bergamaschi e dichiaranti di conoscere gli infrascritti contraenti e ciascuno di loro e il sig. Andrea Cassotti de’ Mazzoleni notaio sottoscritto a questo atto come secondo notaio e me notaio rogato.

Ivi Giovanni Antonio, figlio del sig. Battista fu sig. Giovanni di Gaspare  de Mazzolenis costituito in presenza, con l’autorizzazione e il consenso di detto sig. Battista suo padre e lo stesso sig. Battista insieme con lui e ciascuno di loro, il quale Giovanni Antonio dichiarò di avere l’età legittima, espressamente, spontaneamente e non per errore di assegnare a titolo di assicurazione di dote e in ogni miglior modo, via, diritto e forma meglio che poterono e che possono, investirono // così come investono la signora Maria sposa e moglie legittima di esso Giovanni Antonio e figlia del sig. Giovanni Maria fu di Maestro  Bertramo Camerata de’ Mazzolenis presente e accettante generalmente in tutti e di tutti e sopra tutti e i singoli suoi beni e cose mobili e immobili, presenti e futuri e nominatamente per lire seicento imperiali della dote e del consulto (?) della stessa signora Maria; le quali lire seicento imperiali il soprascritto

signori Giovanni Battista e Giovanni Antonio furono contenti e dichiararono in presenza e a richiesta della soprascritta signora Maria e del soprascritto Giovanni Maria suo padre che dà e paga  a suo beneficio e per sua dote nel modo infrascritto: dichiarano di aver ricevuto parte in oggetti dotali, parte in denaro contante, computato anche l’aumento della stessa dote versato dagli stessi padre e figlio secondo il solito; e nelle dette lire seicento imperiali fu computato e fu ed è computata e compresa la dote o tutti i soldi e le cose dotali già avute dal soprascritto Giovanni Maria in dote e come dote della fu signora Lucrezia sua prima moglie e madre di detta signora Maria e figlia del fu signor Antonio Romano de’ Mazzoleni e quanti essi siano consta dall’atto notarile di assicurazione e costituzione della dote, fatto dal sig. Giovanni Maria e rogato dal sig. Giovanni Massi di Arrigoni notaio bergamasco, o da altro notaio, al quale atto si faccia ricorso perché la soprascritta signora Maria, costituitasi in presenza e col consenso e con l’autorità del soprascritto Giovanni Antonio suo marito e lo stesso Giovanni Antonio insieme con lei, e per la quale inoltre anche lo stesso Giovanni Antonio in beni suoi propri promise e promette della validità di questo presente atto e di tutto ciò che in esso è contenuto, dichiarò di essere molto contenta e soddisfatta da suo padre per dette lire seicento imperiali di detta dote della soprascritta fu signora Lucrezia sua madre, liberando ed assolvendo e // libera e assolve detto Giovanni Maria suo padre e i suoi eredi e successori e i suoi e i loro beni dalla predetta dote della fu sua madre e da tutto ciò che la potesse riguardare. E i soprascritti sig. Battista e Giovanni Antonio padre e figlio rinunciarono all’esecuzione per non aver avuto e ricevuto le soprascritte lire seicento imperiali nel modo di cui sopra e della speranza di averle in futuro e di ogni altro suo diritto. E costituendo e si costituirono e ciascuno di loro di tenere e possedere tutti i suoi predetti beni e tutte le predette cose a nome e in vece della soprascritta signora Maria e per lei e per le predette lire seicento imperiali della sua dote come sopra; e dando e diedero e danno gli stessi padre e figlio e ciascuno di loro alla detta signora Maria l’autorizzazione e la licenza irrevocabile di godere, tenere e possedere a titolo di dote tutti i predetti loro beni ed anche di entrare e stare nel corporale possesso e tenuta di detti beni finché la stessa signora Maria sarà stata soddisfatta delle dette seicento lire imper. della sua dote come sopra e dando e diedero e danno essi padre e figlio e ciascuno di loro alla stessa sig.a Maria autorizzazione e licenza irrevocabile di godere, tenere e possedere per diritto di dote tutti iloro predetti beni e anche di entrare e rimanere in tenuta e possesso materiali dei detti beni finché la stessa sig.a Maria sarà soddisfatta delle dette seicento lire imperiali della sua dote come sopra.  Nel caso che si dovesse verificare la loro esazione e restituzione e inoltre i sopraddetti sig. Battista e Giovanni Antonio padre e figlio ed entrambi in solido, così che ciascuno di loro sia tenuto e possa convenire in primo luogo in solido, nonostante ogni diritto, legge, ragione e rinunciando all’Epistola divi Adriani e al Beneficium Nove Constitutionis (alla Lettera del divino Adriano e al beneficio della Nuova Costituzione) e [rinunciando] lo stesso Giovanni Antonio alla legge che dice che il figlio di famiglia obbligato col padre, o con l’autorizzazione del padre, non sia tenuto se non in tanto quanto può fare, avuta la compensazione e di ogni altro suo diritto perché non si trovi nel bisogno, e di ogni altro suo diritto all’aiuto; si accordarono e per mezzo di stipulazione solennemente promisero e promettono obbligando se e ognuno di loro in solido e ogni bene e cosa presenti e futuri, loro e di ciascuno di loro, alla soprascritta signora Maria così accettante, in modo che daranno e // pagheranno e restituiranno gli stessi padre e figlio alla medesima signora Maria predette lire seicento imperiali della sua dote come sopra, in ogni caso di esazione e restituzione della stessa dote; però con questi patti fatti e celebrati tra essi coniugi, cioè: se si verificasse il caso che il predetto matrimonio accadesse che fosse sciolto per la morte del sopraddetto Giovanni Antonio, sopravvivendo la soprascritta signora Maria sua moglie, che allora e in quel caso la stessa signora Maria abbia e possa esigere le predette lire seicento imperiali della sua dote in beni sopraddetti dei predetti padre e figlio e di ognuno di loro, e null’altro abbia e possa esigere in detti beni per diritto al quarto [cioè il diritto di avere al massimo un quarto dei beni del marito] del morigincap né del dono di nozze né per altra causa. Viceversa, se capitasse il caso che il soprascritto matrimonio si sciogliesse per la morte della sopraddetta signora Maria sopravvivendo il soprascritto Giovanni Antonio suo marito come sopra, che allora in quel caso lo stesso Giovanni Antonio tragga profitto e abbia le predette seicento lire imperiali e ogni altro bene dotale che la stessa signora Maria avesse consegnato o fatto dare al marito, salvo sempre e riservato il diritto dei figli comuni dei detti coniugi che dovessero succedere nei predetti beni secondo la forma degli statuti del Comune di Bergamo. Al rogito poi di questo sopraddetto o presente atto notarile di assicurazione della dote e di ciò che in esso è contenuta fu presente come secondo notaio che si deve sottoscrivere secondo la forma degli Statuti predetti, il sig. Andrea Cassotti de’ Mazzolenis notaio pubblico di Bergamo.

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In questa ricerca non riprenderemo i vari temi relativi all’attività della lana, già abbordato nello studio sulle famiglie Petrobelli. Ovviamente in una vallata dove domina un’economia agraria e silvo-pastorale la lana e i suoi derivati rappresentano un punto centrale, ma nella lettura delle rubriche, il detto prodotto non appare in modo evidente e dunque non verrà approfondito.

Vendita ferri

Troviamo 6 atti intitolati datum ferri, fatto da 3 abitanti di Valsecca Martino Scudelle nel 1566, i due fratelli Capini figli di Simone: Marco nell’anno 1553 e Pietro Antonio nel 1554 e uno di Mazzoleni: Battista Baroni nell’anno 1542. Le fucine lungo tutto il torrente Petola, attive ancora fino alla metà del secolo scorso, vedono lì il loro lungo e antico passato, in un luogo che riuniva le risorse necessarie: la forza idraulica per azionare i magli e una generosa area boschiva per fornire il carbone indispensabile per la fucinatura.

Soccida

Numerosi sono i mercanti d’origine valdimagnine, che hanno raggiunto una certa posizione sociale, stabiliti nel capoluogo, tra loro ci sono quelli che hanno mantenuto forti legami con la loro terra di nascita.  Possiamo immaginare, come si fa oggi, che avevano una casa di campagna in valle, probabilmente la casa degli avi, ampliata e ristrutturata in corrispondenza alla nuova situazione familiare ed economica. Questi notabili come tutti i benestanti dell’epoca investivano i loro guadagni in proprietà fondiarie, per tanti, l’unica fonte di reddito sicura era la terra. Avevano dei massari, terre in pianura e in valle e tra le diverse attività agricole, la soccida fu un mezzo in più per far fruttare il patrimonio. Non solo i ricchi mercanti svolgevano quest’attività, famiglie benestanti o contadini facoltosi figurano tra i clienti del notaio Moscheni come locatori di animali.

L’investitore affida del bestiame al soccidario, quest’ultimo s’impegna a custodire, governare e nutrire gli animali, nei contratti viene precisato la ripartizione dei prodotti generati: latte, formaggi, animali nati nel corso della soccida, pelle, lana, letame, ecc… e alla fine della soccida la divisione del capitale ottenuto.

Sono delle formule legali, standardizzate, dove ritroviamo il nome dei contraenti, la descrizione degli animali, seguono le obbligazioni e i diritti delle parti e si concludono con certe clausole cautelative. Bisogna precisare che un contratto di soccida può mascherare la presa di possesso degli animali da un creditore al suo debitore insolvibile. Anche se la valle Imagna non è un rilevante luogo di attività pastorale quando facciamo il paragone con le altre valli bergamasche, tuttavia rimane una fonte di reddito non trascurabile per i suoi abitanti, l’importanza dell’allevamento è evidenziato da Giovanni da Lezze nella sua relazione del 1596, dove precisa che in valle Imagna ci sono: 1.208 bovini e circa 1.400 pecore.

Abbiamo scelto di pubblicare l’esempio di un contratto di soccida tra i primi atti rogati da Gio.Giacomo. L’8 aprile del 1532, la stesura del contratto si fa in casa del notaio dove sono presenti i quattro testimoni necessari. Il conduttore è Maffeo Fachi de Locatelli di Fuipiano della contrada di Arnosto, il locatore è il mercante abitante di Bergamo ma originario di Cepino, Corsino[36] figlio di Pietrino Contalli de Petrobelli, contratta anche in nome dei fratelli: Sebastiano e Bernardo (deceduto). Il contratto concerne quattordici capre con quattro capretti allattanti, per la durata di quattro anni[37]:

In nome di Cristo Amen. Giorno 8 aprile 1532, indizione quinta in Valle Imagna, episcopato di Bergamo, in contrada di Rota presso le case di Cabrignoli, sotto la loggia di fronte alle case di proprietà e di abitazione di me notaio , presenti  testimoni Pietro figlio di ser Bertramo Lanfranchi di Manzoni, ser Jacobo di Andriolo Cay.. di Rota, Lodovico figlio di ser Deffendino di Pietro Zani, Giobbe Locatelli e Giovanni Antonio figlio di un altro Antonio  del  fu Pietro Belloli di Rota, tutti noti chiamati a queste cose etc.

Ed ivi Maffeo del fu Tonino Fachi de’ Locatelli di Fuipiano dichiarante di avere più di venticinque anni, espressamente e spontaneamente e senza errore e in ogni moglior modo ecc. fu contento e dichiarò in presenza ed a richiesta del signor Corsino figlio di ser Petrino Contalli de’ Peterbelli presente e ricevente per se e per il signor Bastiano suo fratello e anche per i figli ed eredi del fu loro fratello così che lo stesso signor Corsino diede e consegnò al medesimo Maffeo e depositò presso di lui in soccida ad uso del bene di soccida a metà capre quattordici con sotto quattro capretti da latte da tenere da qui e per quattro anni  seguenti  da pascere, nutrire, … , custodire, allevare ed esse bestie coi loro nati e nati dei nati a sue spese e danni e interesse, bene, diligentemente e senza frode. Perciò soprascritto Maffeo sotto obbligazione di se stesso e di ipoteca dei suoi beni e che così facendo non molesterà nessuno in seguito a detto soccido [maschile!] senza speciale licenza del soprascritto signor Corsini a suo nome e a nome come sopra e che in fine di detto soccido … il soprascritto Maffeo darà e consegnerà allo stesso signor Corsino come sopra la metà delle soprascritte bestie e dei loro nati e dei nati dei nati e di tutto il guadagno che ci sarà in detto soccido all’uso del bene del soccido a metà, del quale soccido il predetto signor Corsino, per volontà di detto Maffeo, riserverà in sé e presso di sé il dominio diretto finché e fino a quando al medesimo  signor Corsino sarà soddisfatto e contento per il completo pagamento che gli spetterà nello stesso soccido all’uso del bene del soccido a metà come sopra e così ecc. e rinunziò ecc.

 CLIENTI

 I 30 più importanti clienti del notaio Moscheni

 

COGNOME/SOPRANNOME – NOME LUOGO ATTI PERIODO
Galli-Locatelli Giovanni Fuipiano 238 1540-1599
Rota-Chiarelli Giovanni Antonio Mazzoleni 209 1536-1584
Camerata-Mazzoleni Giovanni Maria Mazzoleni 171 1539-1572
Daina Marco Valsecca 129 1546-1575
Capini Pietro Antonio Valsecca 120 1540-1575
Rota-Chiarelli-Bazini Maffeo Mazzoleni 117 1555-1582
Mazzoleni-Morsali Francesco Mazzoleni 106 1540-1579
Rota Andrea Rota 101 1551-1591
Manini-Personeni Gerolamo Mazzoleni 100 1536-1566
Amigoni Giovanni Rossino 95 1558-1570
Capini Marco Valsecca 93 1540-1572
Locatelli-Corna Ludovico Corna 92 1539-1582
Schiantarelli-Quarenghi Giovanni Rota 90 1536-1570
Catena Francesco Rota 79 1536-1559
Costa Michele Mazzoleni 77 1551-1586
Farina-Manzoni Giacomo Cepino 71 1558-1599
Invernizzi-Bardella Giovanni Antonio Corna 68 1536-1571
Bolis-Bianco Lorenzo Rota 66 1536-1581
Locatelli-Corna Marco Corna 62 1536-1562
Garzaroli-Locatelli Vittorio Locatello 56 1551-1587
Rossetti-Brage Giovanni Antonio Fuipiano 54 1551-1584
Gervasoni Giovanni Andrea Berbenno 53 1585-1599
Personeni-Politi Pierino Bedulita 48 1551-1590
Galli-Locatelli Martino Fuipiano 47 1539-1548
Florentino Alessandro Mazzoleni 46 1548-1595
Petrobelli Giovanni Pietro Bedulita 46 1539-1572
Posta Bartolomeo Rota 46 1536-1587
Tondini-Quarenghi Giovanni Antonio Rota 46 1542-1590
Baroni Battista Mazzoleni 44 1542-1572
Bugada Pietro Antonio Valsecca 44 1536-1579

 

Giovanni Galli de Locatelli

Figlio di Martino del q. Bertrame olim Defendi di Fuipiano, fu il più importante tra i principali e fedeli contraenti del notaio Moscheni, tra il 1540 ed il 1580 risultano registrati 238 atti, dei quali 85 dati, 70 locazioni. Giovanni Galli è più orientato sul fondiario, la soccida non lo interessa, sono solo 3 i contratti. Giovanni da Lezze nella sua descrizione del 1596 lo individua erroneamente in Locatello: in questo loco vi è un Zovanne Gallo ricco di scudi 30 mila in trafichi che fa fuori del paese. Per misurare le sostanze del personaggio, possiamo fare il paragone, sempre dalla descrizione di Da Lezze, il capitano cita i grandi mercanti in borgo San Leonardo di Bergamo, dove sono 36 le ditte che rappresentano un capitale di 80.000 scudi.

Sono scarse le informazione su di lui, sarebbe nato nel 1513 ca., nel 1560 fa parte del Consiglio di Valle come rappresentante della contrada di Fuipiano. Mercante di pannilana, nel 1568 fa procura al figlio Giovanni Antonio per negoziare sulle fiere nel Mediolanum.

 Rota-Chiarelli

Il secondo cliente per numero di atti (209) rogati da G. Giacomo Moscheni fu Giovanni Antonio Chiarelli, figlio di Gaspare Mafiolo (discendente dei famosi Guarinoni di Rota Fuori), residente in Mazzoleni, ma certi atti sono rogati nella sua casa alla Torre di Valsecca (altre volte anche detto del luogo Cha Guer).

Sappiamo dal suo testamento del 1563, che fu erede suo figlio Giovanni Antonio, vengono citate anche le figlie: Marsilia e Orsola. Di questa famiglia, precisamente il cugino di secondo grado del sopraccitato, fu Maffeo Chiarelli detto Bazino, anche lui fu un importante cliente del nostro notaio, rimasto senza discendente maschio il suo erede fu Antonio il figlio del sopracitato Gio. Antonio. Nella sua relazione alla Curia del 1822, don Giovanni Pietro Bugada, vicario foraneo cita: (L’) elenco dei legati secondo l’antica e ritrovata Tabella nella Sagristia della Chiesa Parrocchiale di S. Omobono comun de Mazzoleni e Felghera – Doveva il parocco ogni venerdì celebrare la messa per l’anima del defunto Maffeo Chiarelli detto Bagino all’altare della B.V. localiter.

Con l’Estimo di Valsecca dell’anno 1476, abbiamo notizie della famiglia dove è citato: Antonio di Andriolo de Chiarelo, anni 36, merzaro nel Piemonte.

 Camerata de Mazzoleni

La famiglia Camerata trae le sue origini in Cepino, i suoi componenti sono conosciuti come grossi mercanti già dalla metà del Quattrocento. In quel periodo il più noto fu Giovanni figlio di Bertrame, già benestante, compra delle terre in Bergamo nella vicinia di S. Alessandro della Croce nel 1456, acquista altre terre in Seriate (1474) e in Grassobio (1484).

In vari archivi[38] si può trovare la genealogia della famiglia, ma la più affidabile secondo noi, rimane quella ritracciata dall’abate Giambattista Angelini[39]. Di questa stessa stirpe sono ugualmente originari i Cassotti, anche loro arricchiti nella mercatura.

Giovanni Maria Camerata occupa il terzo posto tra i clienti più importanti del nostro notaio Moscheni per un totale di 171 atti tra il 1539 e il 1572, anno del suo decesso. Il personaggio ha la particolarità di aver mantenuto stretti legami con la valle natale, come dimostra l’attività notarile per la gestione dei suoi affari. Come i suoi contemporanei, gli altri mercanti della valle: i Cassotti e i Petrobelli[40] si è arricchito soprattutto con il commercio della lana, poi la sua attività si è estesa ad ogni genere di mercanzia, percorrendo tutto il Centro-Sud dell’Italia per stabilirsi nelle Marche, dove acquista un ingente patrimonio fondiario. Il suo insediamento in Ancona è datato 1548 quando compra una casa con magazzino e cantina nella parrocchia di S. Nicola. Sarà nel 1583 quando i suoi figli si sposteranno a Jesi, residenza della famiglia fino all’Ottocento.

Giovanni Maria è deceduto nella bergamasca, nella chiesa di Sant’Agostino di Bergamo c’era un sepolcro dei Camerata de Mazzoleni, altre fonti indicano però che fu sepolto nella chiesa di Sant’Omobono.

Dopo la sua morte i tre figli dividono l’eredità il 14 febbraio 1573, sono stati fatti tre lotti: due parti fatte con le proprietà del bergamasco, la terza con i beni della provincia di Ancona.

Beni in provincia di Bergamo:

Casa in Bergamo[41] in contrada di S. Giovanni dell’Ospedale in borgo S. Antonio che fu di Gio. Maria Casotto più diversi pezzi di terra.

Terre in Mapello (150 pertiche)

Terre in Prezzato

Un fitto da Gio. Pietro Respin di Cà Rosso

Un fitto da Gelmi Monegho

La casa Camerata in Valdemagna con tutti letine e stalle

… ? in Sotto Riva più stalla già dei Passeri

Livello di Silvestro de Alessi di Mazzoleni

Pezzi di terra a Costa comprata da Martino Vanoy (Vanoli)

Il Ronchetto sotto a S. Michele e il boschetto a Ambivere.

 

Nella seconda metà del Settecento un discendente Camerata impegnerà molto denaro ed energie per due processi di nobiltà in Malta e Monaco, vari intermediari vengono incaricati per riunire la documentazione sulle antiche origini bergamasche della famiglia. Da queste carte emergono due interessanti novità: il figlio di Gio. Maria, Antonio (marito di Caterina Locatelli) sarebbe stato lui a far costruire l’altare di San Sebastiano nella chiesa di Sant’Omobono, farà testamento nel 1583, è sepolto nella chiesa di Locatello; l’altra notizia riguarda l’archivio parrocchiale di Sant’Omobono in valle Imagna: Il libro de morti nella Chiesa di S°Homobone principia l’anno 1612, il libro de battesimi di detta Chiesa principia l’anno 1605. E’ importante sapere ciò perché oggi questi preziosi registri sono scomparsi.

Per secoli la famiglia Camerata lascerà ricordi nella storia della valle, in una relazione del 1822, il parroco di Rota, il vicario foraneo G.P. Bugada, parlando della parrocchia di Sant’Omobono precisa: ogni mercoledì celebrare la messa per il legato del q. Alessandro Camerata all’altare di S. Sebastiano localiter. (L’altare di S. Sebastiano eretto nella distrutta Chiesa).

I Camerata marchigiani conserveranno i loro beni nella bergamasca fino agli inizi dell’Ottocento. La famiglia nel 1584 aveva ottenuto la nobiltà anconetana e in seguito a matrimoni con prestigiose famiglie marchigiane e romane nel 1824 un loro discendente sposerà la figlia della sorella di Napoleone Bonaparte. L’ultimo discendente Camerata morirà a Roma nel 1906.

 Capini Pietro Antonio

Figlio di Simone olim Martino della famiglia di Valsecca, con il fratello Marco totalizzano 213 atti presso G.G. Moscheni. Appare già nelle rubriche del notaio Giovanni Zanuchini-Moscheni negli anni 1530-33.

Le notizie più antiche sulla famiglia risalgono al 1476 nell’Estimo di Valsecca (BCM) dove appare Pero detto Capino di anni 55, venditore di cugari e cazuli, padre di cinque figli. La famiglia si è estinta all’inizio del Seicento, non ci sono nascite da questo casato in nessuna delle parrocchie della valle.

 Gerolamo Manini de Personeni

Poche le informazioni rinvenute ad oggi sull’antica famiglia Manini, le più rilevanti sono quelle sul detto Gerolamo, per secoli la famiglia fu stabilita sul territorio di Rota nella contrada Prato Griso, ma dipendente dalla parrocchia di Sant’Omobono. Fu un importante cliente per il nostro notaio, un centinaio di atti in trent’anni.

Presso il notaio Moscheni, troviamo una scrittura piuttosto rara, Gerolamo figlio di Bartolomeo Manini de Personeni nel 1548 procede alla legittimazione dei suoi tre figli: Francesco, Gio. Antonio e Elisabetta, concepiti con la sua domestica Maria detta la Ventaya di Valsecca.

Gerolamo fa testamento il 7 ottobre 1551, i due detti figli legittimati sono eredi universali, però sua moglie, un’altra Maria, rimane usufruttuaria dei beni. Riguardo la madre dei tre figli, sua domestica, Gerolamo le attribuisce una casa al Prato Griso al luogo detto Beduletti. Altre particolarità del personaggio rivelano una posizione sociale più che agiata: domanda di essere seppellito nella chiesa di S. Omobono nel monumento davanti alla cappella di S. Sebastiano, impone agli eredi di ordinare una statua di legno rappresentante S. Antonio da collocare nella chiesa di S. Omobono e dispone di mantenere una lampada nella tribulina sita in loco della Polchastra (Poltrasca?).

Da questo casato numerosi preti e notai lasceranno un’impronta nella storia delle famiglie di Mazzoleni, fino ad arrivare all’artista Vittorio, il famoso pittore.

 Catena Francesco

Figlio di Simone di Rota Fuori, non è un importante cliente, sono 79 gli atti rilevati, ma in un tempo relativamente corto: tra il 1536 e il 1559, la sua particolarità  è rappresentata dal notevole numero dei contratti di soccida: 49.

Garzaroli-Locatelli Vittore

Figlio di Vanoni di Locatello, appare spesso come contraente nelle rubriche, Garzaroli deve essere un soprannome derivato dell’antico mestiere di garzatore, queste famiglie prenderanno il cognome Locatelli, uno dei rami con questo soprannome sarà all’origine delle famiglie Borella.

Un interessante documento, il contratto d’apprendista garzone presentato ora, svela una piccola parte delle relazioni tra vicini. Rappresenta l’importanza per il commerciante di portare con sé un garzone della valle, avrebbe sicuramente trovato in Schiavona un altro ragazzo, ma questo atto è rivelatore della fiducia tra valligiani, la solidarietà tra le famiglie che costituisce un legame forte e dunque per quest’imprenditore è una garanzia di fedeltà unica.

Adì 24 settembrio 1553 in el loco del Medil, contrata de Locatello de Valdimagnia

Si dechiara per la presente scriptura qualmente Zuanino detto Cremagniola figlio del fu ser Gabriel Garzarolo di Locatelli per Una parte e il sig. Vittore fu Vanono Garsarolo di Locatelli per l’altra parte, concordemente son venuti ai patti, promessa e accordo come sotto, cioè: prima esso Giovannino Cremagniola ha dato e consegnato Giacomo suo figlio come garzone con il predetto Messer Vittore per i prossimi anni cinque futuri e servirlo nei le sue attività soprattutto nelle parti (terre) della Schiavonia dove opera detto meser Vittore. Promettendo come promette esso Giovannino che detto suo figliuolo Giacomo starà e servirà per detto tempo con detto messer Vittore e nelle sue attività con assiduità e onestà e che non farà alcuna frode, ma sarà giusto. Il detto messer Vittore invece promette di tenere detto Giacomo per detto tempo edi istruirlo per quello che può nella sua attività mercantile e di nutrirlo e vestirlo adeguatamente secondo la sua qualità e la sua condizione e di condurlo a sue spese in Schiavonia e riportarlo alla scadenza di detto tempo e ancora a metà di detto periodo di tempo portarlo in Valdimagna e ricondurlo giù  a sue spese di detto messer Vittore; e se per caso a metà di detto periodo di tempo esso Giacomo non volesse venire a casa, che detto messer Vittore debba dare e pagare al detto Giovannino e Giacomo quella somma di denari che spenderebbe  o che avrebbe potuto spendere  detto Giacomo a venir su e ritornar giù.

Poi esso messer Vittore promette di dare e pagare a detti Giovannino e Giacomo alla fine di detti anni cinque per il salario e compenso del detto Giacomo per detto suo servizio scudi sedici d’oro e così tutte e due le parti promettono e hanno promesso l’una all’altra sotto obbligazione di tutti i propri beni di rispettare e osservare le cose predette inviolabilmente sotto pena di ogni // danno, spesa et interesse. Et questo fu fatto il giorno e nel luogo soprascritti, presente per testimoni il nobile et Egregio messer Cristoforo del Medil di Locatelli, Bernardino fiol de magistro Martino Mazuchotelo di Locatelli, Jacomo de Simone de Imagnia et Baptestino de

Martì de Imagnia  fulatori (follatori, cioè lavoratori al follo dove si lavavano e pestavano i panni per sodarli).

N. Io Giovanni Giacomo del signor Giovanni Moscheni de ValleImagna notaio pubblico di Bergamo fui presente alle cose predette e le scrissi per volontà delle parti e per la fede (cioè la pubblica fides dell’atto stesso) mi sottoscrissi.

—o—

Come l’identificazione dei clienti, la localizzazione è resa molto più difficile dal fatto della scarsità delle informazioni nelle rubriche, tuttavia sono all’incirca 2.350 i clienti oriundi della valle Imagna, 167 della valle S. Martino, 47 della valle Brembana e 139 di vari luoghi, la rimanenza è data da contraenti non localizzabili.

 Ripartizione per comune della valle dei clienti identificati.

Parrocchia n. clienti Parrocchia n. clienti
Valsecca 290 Locatello 62
Rota 271 Selino 59
Mazzoleni 199 Bedulita 49
Fuipiano 191 Blello 47
Corna 140 Strozza 42
Berbenno 123 Roncola 37
Brumano 107 Cepino 19
Costa 87 Capizzone 16

 

 Parrocchie-comuni-istituzioni.

Nel Cinquecento sarebbe improprio denominare comuni i vari paesini della valle, in realtà sono delle contrade che fanno parte del Comune di Valdimania, allora utilizziamo la parola parrocchia che definisce meglio la comunità, giustificata anche dal fatto che spesso la gestione del paese s’intreccia con quella religiosa. Assistere le istituzioni locali fa parte delle competenze del nostro notaio, sempre presente per redigere un resoconto delle assemblee. Ritroviamo 23 atti relativi alla gestione del Comune di Valdimania. Tutte le parrocchie della valle avranno utilizzato i servizi di G.G. Moscheni, anche quelle più a sud come Roncola, Capizzone, Strozza, spesso anche fuori valle: Carenno, Rossino, Erve, Gerosa. Almeno una volta all’anno c’è l’assemblea dei vicini, poi avviene l’elezione dei Consoli, l’elezione dei parroci, ma la più importante è la gestione dei beni comunali e dunque ritroviamo gli atti classici come tra privati: obbligazione, locazione, procure, dato, investitura, ecc… con una particolarità che si ritrova di frequente: la vendita di legna. Le 21 comunità segnate totalizzano 521 atti per la loro gestione, in questo conto sono comprese le numerose confraternite o scuole religiose. Bisogna sempre ricordare che G.G. Moscheni non era l’unico notaio, dunque i numeri presentati non rappresentano che una parte dell’insieme. Sottolineammo che i vicini di Mazzoleni furono i principali clienti del notaio con 240 scritture, l’Ospedale Maggiore di Bergamo beneficia di donazioni, presenti anche il monastero di Almenno e quello dei Celestini. Ci sono anche sei atti per le assemblee del sindacato delle Valli Montane (Vallium montanea Bergomen).

 —o—

I miei vivi ringraziamenti vanno a Gabriel Locatelli e Anna Rita Meschini.

R.L.I.

—o—

[1] Estratti di: Dell’origine e dell’uffizio del notariato – Nozioni storiche e considerazioni teoriche su di esso – dal notaio Michele Cusa da Rimella – Torino 1856

[2] Juanita Schiavini Trezzi: Dal Collegio dei notai all’Archivio notarile – Fonti per la storia del notariato a Bergamo (sec. XIV-XIX) – Prov. Di Bergamo, 1997.

[3] Canonico Mario Lupo: Codex Diplomaticus.

[4] Non si deve dimenticare che gli archivi avevano anche un valore commerciale come il rilascio delle copie, anche se l’utile diminuiva col tempo, passata una generazione, massimo due, ne rimaneva soltanto l’ingombrante conservazione.

[5] ASB – Collegio Notarile, busta n.265 – documento n.1101. Scrive G. Canali Cancelliere del Cantone di Almenno: “Alla commissione Notarile di Bergamo. In questo Cantone non esiste altro Archivio pubblico, dove si conservano Atti di Notai defunti, fuorché il cosiddetto Archivio di Valle, il quale è custodito dal Sig. Sante Moreschi del Comune di S. Simone di Corna in casa sua. Almenno il 18 novembre 1805”. Nella stessa busta un altro documento datato 30 ottobre 1807: “L’archivio è custodito a Brancilione sotto la responsabilità di Giuseppe Cassotti – Discreta condizione. E’ stato in parte consunto per un incendio ultimamente avvenuto è fornito in parte di rubriche – Volume: 300 pezzi”.

[6] Non erano abilitati a rogare atti notarili, soltanto a rilasciare copie autenticate e certificati, però il loro intervento era indispensabile per la stesura di atti particolari, o quelli di un valore tra 100 e 1000 lire, per somme superiori la presenza di due secondi notai era obbligatorio. Ved. Nota n.2, J. Schiavini Trezzi Dal Collegio dei notai…p.23.

[7] Antonio Moscheni Zanuchini (1655-173ì13) – Gio.Giacomo (1713-1723) – Gio.Pietro (1747)

[8] Numerate da 1718 a 1745, purtroppo la numerazione non corrisponde all’ordine cronologico. A queste 28 filze se ne deve aggiungere 1 in più conservata nell’Archivio di Stato di Milano n. 11177, anni 1537-1596, non si sa come sia finito là.

[9] Per i quali sono state scattate 785 foto, di questi 74 volumi 10 sono senza rubriche.

[10] Il padre Alberto Battista Arrigoni e i suoi figli: Eustachio, Agabito e Gio. Tesei appaiano in 37 atti negli archivi di G.Giac. Moscheni.

[11] Descrizione di Bergamo e suo territorio 1596 – Giovanni da Lezze – Vincenzo Marchetti e Lelio Pagani. 1988 – Prov. Di Bergamo.

[12] Curia vescovile di Bergamo, fascicolo Rota Fuori.

[13] Giacomo quondam Alberto Girardi de Moschenis è citato come testimone nell’anno 1539, c’è da indagare ancora su di lui ma probabilmente si tratta dello stesso Zenochino tesoriere della valle sopra citato, il suo testamento è stato rogato dal nostro notaio Gio.Ciacomo il 6 gennaio 1543.

[14] L’oratorio dedicato a S. Francesco d’Assisi di Cabrignoli è citato nell’anno 1702 per la visita pastorale del vescovo L. Ruzini.

[15] Il dottor Giuseppe Barbieri (1811-1884) medico condotto, nativo di Pavia, sposa successivamente due sorelle Daina della contrada Torre di Rota, scrive: Cenno Storico- Statistico della Valle Imagna (Bib. Angelo Mai, Bergamo), nel capitolo su Rota Fuori descrive lo sgraziato spirito delle fazioni civili dei secoli XIII e XIV, cioè a Cà Brignoli ed alla Torre, vi sono due Torri maestose (sottolineato nel manoscritto) siamo nell’anno 1840 ca.

[16] ASB, notaio Alberto Battista Massi Arrigoni, filza 2112- n.1, volume: 1519-1537, atto n.81.

[17] ASB, notaio Giovanni Zanuchini-Moscheni, filza 861- n.3, volume 1514-1518.

[18] I lationes filios e filias mie Johannes Zanuchini de Moschenis …

Johannes Jacobus ortus est die 14 octobre 1514

Domenica orta est die 15 dicembre 1516

Guelmino orto est die 13 feffraio 1518

Johannes Andreas die 3 jannuary 1520

Johannes Bartolomeusdie 26 dicembre 1524

Suo. Scriptus Jo.Andreas vitam on morta … die 10 july 1526 ut do plan…

Jo. Andreas … 27 february 1528 ortus est

Johannes Zanuchinus die 16 july …1531 ortus est

Mms. Jo. Zanuchinus … vitam on morte … die 22 august 1537.

[19] Nato nel 1676 in Capiatone, figlio di Gio. Antonio e Francesca Locarini, suoi archivi: ASB, filza n.9122, anni 1702-1732.

[20] ASB, notaio Gio. Antonio Petrobelli, filza n.3930, volume 2 – 1606.1620. I suoi due figli Giovanni Giacomo e Benedetto sono eredi universali.

[21] Gli Statuti del 1491 imponevano nuove disposizioni per l’organizzazione dell’approbatio, al fine di evitare corruzione e nomine agevolate, i giureconsulti che procedevano all’esame dei candidati notai erano sorteggiati tra tutti gli inscritti al Collegio Notarile. L’esame di poca difficoltà controllava la vertente ars notariae, litteratura et scrittura, il postulante doveva essere nella condizione di civis di Bergamo, godere di buona reputazione e posizione economico-sociale. Ved. Nota n.2, J. Schiavini Trezzi Dal Collegio dei notai…p.22.

[22] ASB, Collegio dei notai – Registro n.12, anni: 1504-1543.

[23] ASB, archivio notarile, Gio. Antonio Petrobelli – f. 3929.

[24] Il conte Francesco Brembati dell’illustre famiglia bergamasca muore a Parigi nell’anno 1644.

[25] Interessante l’atteggiamento del notaio, verso Giovanni Maria Camerata de Mazzoleni, usando gli aggettivi onorifici che precedono il nome: Magnifico Cavaliere di Loreto…

[26] Mancano, nella filza n.1718, vol. 1540-43 e vol. 1544-49 / filza n.1719, vol. 1553 / filza n.1722, vol. 1560-61 / filza n.1724, vol. 1565-66 / filza n.1728, vol. 1576 / filza n.1734, vol.1594 / filza n.1737, vol. 1532-35 / filza n.1740, vol. 1550-52 / filza n.1745, vol. 1560-64.

[27] Tra quelli sono stati indentificati 3387 individui.

[28] 1863 clienti del notaio sono presenti con un solo e unico atto in questi archivi.

[29] “Nelle future successioni, a parità di grado, i maschi escludono le femmine dalla successione senza testamento […]. I parenti prossimi fino al quarto grado, ascendenti, discendenti o trasversali, escludono la madre e tutti i cognati nelle successioni senza testamento.” p. 185 – Gli Statuti del Vicariato di Almenno, valle Imagna e Palazzago del 1444 – Antonio Previtali – Comunità Montana V.I. – 2000.

[30] Donato Calvi Effemeride sagro profano di quanto di memorabile sia successo in Bergamo, sua diocesi et territorio (1676-1677). A cura di Aurora Furlai – Silvana Editoriale, 2009.

[31] Particolarmente interessante il percorso di questa famiglia Mazzoleni, il capostipite sarebbe Geri nativo di Costa Imagna anno 1480 ca.  in contrada Cà Bagazzino, la famiglia si sposta in Valsecca all’inizio del Cinquecento in contrada Cà, alla fine del secolo un ramo detto Turbini si stabilisce in Mazzoleni, altri discendenti all’ inizio del Seicento di Valsecca si spostano a Bedulita Cà Personeni, altri arrivano a Locatello contrada Cattivanome, poi in Cavaler fino all’inizio dell’Ottocento, per stabilirsi in Bergamo. Sempre di questa famiglia di Costa sono originari i detti Poli o Poletti di Selino e Locatello e i Mazzoleni detti Giri un po’ ovunque!

[32] Descrizione di Bergamo e suo territorio 1596 – Giovanni da Lezze – Vincenzo Marchetti e Lelio Pagani. 1988 – Prov. Di Bergamo.

[33] L’antisemitismo e le persecuzioni razziali lasciavano poca scelta agli ebrei, tra i pochi mestieri loro autorizzati, potevano prestare denaro con interessi.

[34] La famiglia Locatelli detta Rosetti (Rubei) ha le sue radici in Blello, lì nel Cinquecento, un suo discendente Cristallo si stabilisce in Berbenno nel 1670 ca., il detto Cristallo lascerà il suo nome come soprannome alle future generazioni. Un secolo dopo altra andata e ritorno in Blello, arriviamo alla fine del Settecento con le ultime nascite in Berbenno, la famiglia poi si trasferisce in Rota Fuori. La scelta di presentare questo documento non è fatto per caso, l’Invernizzi Giovanni Antonio detto Bardella, il creditore citato nell’atto, non è altro che l’antenato di chi scrive queste righe e il detto Bernardo Locatelli detto Rosetti è l’avo del dottor Giuseppe Ge altro appassionato di storia locale. Un altro discendente è Gabriele Locatelli, ricercatore che ha attivamente collaborato allo spoglio delle rubriche del notaio Moscheni.

[35] Furono Servitore, negli anni 1541-42: Bartolomeo q. Bernardino Laurenti de Rota – Anni 1539-42: Sebastiano q. Antonio Lazzarini de Mazzoleni – Anno 1542: Bernardino de Locatelli de Ranzuolo.

I servitores costituivano un elemento fondamentale nell’amministrazione della Comunità perché assicuravano i legami tra le autorità politiche e giudiziarie del capoluogo, Almenno, e i vari comuni. Essi portavano a domicilio le citazioni giudiziarie e le convocazioni del Consiglio di Valle. Erano incaricati di eseguire i sequestri dei beni ordinati dal Vicario; effettuavano le riscossioni delle entrate e le vendite all’incanto dei pegni non pagati…” p. 35 – Gli Statuti del Vicariato di Almenno, valle Imagna e Palazzago del 1444 – Antonio Previtali – Comunità Montana V.I. – 2000.

[36] Accorsino Petrobelli deceduto il 25 ottobre 1544, abitante in borgo S.Antonio di Bergamo, conosciuto come mercante, ma sarà suo fratello Bernardino noto per essere il capostipite dei famosi Corsini: suo figlio Stefano marito di Ludovica de Castelli di Gandino, abitante in via Pignolo in Bergamo, ricco mercante con interessi in tutta Italia ma soprattutto all’Aquila. Ricordiamo i tre figli di Stefano: i guerrieri, Cavalieri Gio.Antonio, Gio. Battista e Francesco, questi ultimi due riposano nell’imponente sarcofago collocato nell’atrio della biblioteca Mai in città alta.

[37] Tutti i contratti di soccida letti del nostro notaio Moscheni sono di quattro anni, peraltro come si faceva generalmente in tutta la bergamasca.

[38] Gran parte delle notizie seguenti provengono dell’Archivio Rocchi-Camerata – Biblioteca Comunale Planettiana di Jesi (AN).

[39] BCM – Ab. G.B. Angelini – Zibaldone d’alquante famiglie – Gabinetto Ø 3-8. AB 421

[40] Si potrebbero citare altre famiglie: Frosio, Mazzoleni, ma i Cassotti e Petrobelli sono stati molto legati ai Camerata, con loro avevano una sede in Ancona.

[41] La casa Cassotti al n. 72 dell’attuale via Pignolo, Gio.Maria Camerata è citato come proprietario nell’Estimo del 1569 – La casa di Zovanini Cassotti De Mazzoleni in via Pignolo 72, nota come casa Grataroli-De Beni – G. Petrò, La Rivista di Bergamo nov.- dic. 1992.

 

1 Comment

  1. cassinelli angelo

    sono un discendente della famiglia Cassinelli di Rota – ho ricostruito la genealogia della mia famiglia fino quasi al 1530 grazie al sig. Invernizzi – vorrei sapere se avete riferimenti ai Cassinelli in notizie/libri/atti notarili… cui posso accedere